VOCE
Il processo
15.06.2018 - 23:32
Intervista a Franco Rocchetta: “Impianto accusatorio farneticante. Io tenevo lezioni di diritto”
Oggi a Rovigo si aprirà il processo a carico dei venetisti per associazione a delinquere. L'area del tribunale sarà blindata per le annunciate manifestazioni degli indipendentisti.
Avevano progettato un tanko dimostrativo per andare nuovamente a piazza San Marco nel 2014. A quattro anni dagli arresti è ancora un fiume in piena. Franco Rocchetta, 70 anni, già deputato e sottosegretario agli Esteri del primo governo Berlusconi, parla alla vigilia dell’udienza preliminare del processo che a Rovigo lo vede imputato insieme ad altre 45 persone: 18 per la vicenda dell’ormai ‘famoso’ tanko, e 28 per associazione sovversiva. Questa mattina, infatti, nelle aule del Palazzo di Giustizia di Rovigo si svolge il procedimento giudiziario, nel quale sono coinvolti anche tre polesani. “Alleanza” il nome dato al gruppo che, per l’accusa, puntava all’indipendenza del Veneto, con “il proposito di compiere atti di violenza”. Una vicenda ormai nota non solo alle cronache locali, partita dal ritrovamento del celebre “tanko”: una ruspa blindata e armata di due cannoncini di dubbia utilità, costruita in un casolare di Casale di Scodosia nell’inverno tra il 2013 e 2014.
Rocchetta, cosa pensa del processo?
“Lo Stato italiano è fatto di molte luci e ombre. Questo processo è solo una delle ombre. L’intero impianto accusatorio è farneticante, buttato giù per difendere la libertà. Ma quale libertà? Il processo è un oltraggio alla Costituzione e dalla dignità umana. Le accuse, a svariato titolo nei confronti di tutti, sono deliranti. Questo processo suscita perplessità. Sottovaluta l’intelligenza pensare che volessimo arrivare a un’indipendenza veneta attraverso una, due o dieci ruspe blindate”.
Ma lei era o no il leader del gruppo? Si sentiva tale?
“Il giorno dopo il mio arresto ho letto un giornale dove venivo definito l’ideologo dei terroristi. Io, nella vita, sono stato ideologo di tante cose, ma di terroristi proprio no. Lo dirò anche nel processo se ne avrò la possibilità, con alcuni componenti di questo gruppo ci conoscevamo da decenni, c’era un rapporto da sempre, non vivevo mica come un carbonaro. Quando sono venuti ad arrestarmi pensavo che lo stessero facendo chissà per cosa, non certo per questo. Con questa Alleanza l’unica partecipazione diretta era che avevo tenuto dei corsi di lingua veneta, lezioni di diritto, di storia e di economica perché era tutto collegato. Il mio ruolo era solo questo. Come mi vedessero gli altri non mi importa. La costante della repubblica veneta è quella di avere delle magistrature collettive, corali. Su di me sono state dette molte sciocchezze.
Ma il tanko? Perché è stato costruito?
“Questo mezzo, questo veicolo si può valutare in tanti modi. E’ stato presentato come un’arma, uno strumento di guerra, ma tutto fu tranne che questo. Era qualcosa di dimostrativo, da far uscire alla luce del sole. Questa vicenda vede riunite un numero di persone, ognuna con storie particolari e diverse. Se qualcuno sognasse di cavalcarlo è un altro discorso, ma era qualcosa che si sarebbe mostrato alla luce del sole con una forte presenza di giornalisti e altro, non certo un atto clandestino, di vigliaccheria notturna alle spalle di una società. Solo un atto dimostrativo”.
Il servizio completo oggi 16 giugno sulla Voce di Rovigo
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