VOCE
Piscina di Legnago
12.09.2018 - 20:09
Alfonso Cavaliere
Che sia una tegola per il buon esito del lodo Baldetti lo si saprà solo nei prossimi giorni. Di sicuro le richieste del pm di Verona, nel processo per i fatti relativi all’appalto della piscina di Legnago, hanno fatto rumore. Chiesto un anno e mezzo di carcere per Alfonso Cavaliere, attualmente dirigente al Comune di Rovigo, ma all’epoca dei fatti (2011) dirigente al Comune di Legnago. E poi chiesti due anni di carcere per Gianfranco Bardelle, presidente regionale del Coni e all’epoca dei fatti amministratore di Padova Nuoto, la società che ottenne la gestione della piscina di Legnago. E proprio Padova Nuoto è la società, ora guidata da Daniela Bardelle, per la quale il pm ha chiesto l’assoluzione, che sta puntando all’accordo con Veneto Nuoto per rilevare le azioni della società e gestire direttamente la piscina di Rovigo. Incroci sull’acqua, sui quali si accendono inquietanti riflessi per operazioni del passato.
L’altro giorno il pm di Verona Paolo Sachar ha formulato le richieste di condanna, sulle quali deciderà il tribunale di Verona nell’udienza del prossimo 18 settembre. Le accuse sono di abuso d’ufficio, truffa e falsi sigilli. Secondo la tesi accusatoria il bando della piscina di Legnago era stato elaborato apposta per favorire Padova Nuoto. L’ipotesi accusatoria sostiene che la gara d’appalto sia stata irregolare.
I fatti risalgono al 2010-2011, quando si doveva decidere sull’affidamento del servizio di gestione delle piscine comunali di Legnago. Cavaliere era dirigente del settore affari generali e socioculturali del Comune di Legnago. E’ accusato di turbativa d’asta perché, secondo l’accusa, assieme ad altri due imputati avrebbe alterato lo svolgimento della gara d’appalto per la gestione trentennale delle piscine. Sotto processo con questa imputazione anche Gianfranco Bardelle, e Roberto Schiavo, presidente di Legnagonuoto (per lui una richiesta di 1,2 anni di carcere).
L’appalto per la gestione delle piscine, del novembre 2010, se lo aggiudicò Padovanuoto in Ati con Squaranto Costruzioni, che lasciò dopo l’assegnazione, nel febbraio 2011. In base alla ricostruzione della tesi del pm la prima seduta andò deserta perché la fideiussione chiesta dal Comune era altissima, la cauzione provvisoria ammontava a 22 milioni di euro. La prima gara, quindi, andò a vuoto, in seguito, sempre secondo l’accusa la società di Bardelle presentò la fideiussione e ottenne la gestione.
A Cavaliere e Bardelle è contestato anche l’abuso d’ufficio per l’aggiudicazione della gara all’associazione delle due società. Per l’accusa però quando la Squaranto costruzioni comunicò a Padova Nuoto e al Comune di non poter far parte dell’Ati, Cavaliere non dichiarò decaduto il raggruppamento dell’aggiudicazione ma definì l’aggiudicazione a Padova Nuoto. In questo modo, secondo il pm si determinò un ingiusto vantaggio a Bardelle, cioè il mantenimento della gestione trentennale senza il versamento al Comune di alcun canone. Fra le accuse anche l’uso di sigilli della Banca d’Italia falsi a sostegno di una falsa fideiussione.
L’avvocato di Cavaliere, Valerio Malaspina ha sostenuto l’estraneità del suo assistito ai fatti contestati. I difensori degli imputati, hanno spiegato che il bando per la piscina rispondeva ad un mandato della giunta e del consiglio comunale di Legnago. La parola, e il verdetto, al tribunale.
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