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Il caso

Mele spacciate per biologiche nelle marmellate dei bimbi: il maxi raggiro

Indagini condotte dalla procura di Verona. Accusati anche tre polesani.

Mele spacciate per biologiche nelle marmellate dei bimbi: il maxi raggiro

C’è anche il Polesine nel maxi raggiro che ha visto il rinvio a giudizio di dieci imputati accusati dalla procura di Verona di aver organizzato un business illecito: oltre 2500 tonnellate di mele che sarebbero state vendute come biologiche. Una cifra esorbitante che avrebbe prodotto, secondo quanto emerge delle indagini, milioni di euro agli indagati. 

Queste mele, spacciate per biologiche, sarebbero state poi utilizzate anche per le marmellate destinate ai bambini.

Gli imputati – secondo le ipotesi dell'accusa - avrebbero immesso sul mercato tonnellate di mele spacciandole come “biologiche” quando in realtà queste sarebbero state coltivate su terreni in Romania che sarebbero risultati in possesso di falsi certificati di conformità del terreno dichiarato come ecologico. L’indagine, infatti, sarebbe partita proprio dalla Romania, per arrivare poi fino a Verona dove gli imputati, si sarebbero associati, secondo l’impianto accusatorio, per rivendere quelle finte mele bio sul mercato ottenendo anche fondi pubblici.

Le accuse ipotizzate vanno dalla truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici fino all’associazione a delinquere contro il patrimonio e il commercio, alla frode per la coltivazione delle mele in Romania su un terreno con falsi certificati di conformità ecologica, fino al falso. Sono ipotizzate a carico di 10 indagati, tra i quali compaiono vertici, amministratori, tecnici e dipendenti di una cooperativa e di un consorzio con sede legale a Verona, ma al quale sono associate ben 1100 aziende con sede tra Verona, Padova, Rovigo e Mantova. Tra gli imputati anche tre polesani.

  

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