VOCE
L’intervista
18.11.2018 - 18:38
La colonna vertebrale gravemente lesionata, un femore fratturato, il fegato lacerato, un polmone perforato e tanta, tanta paura di tornare anche solo ad andare in bicicletta, figuriamoci di volare.
Ma nel giro di quattro mesi è rinato Stefano Naldi, 57 anni, di Ferrara, il deltaplanista che è precipitato lo scorso 10 giugno dai cieli di Polesella mentre era in volo con il suo deltaplano. Ad accorgersi del terribile incidente un gruppo di invitati a un matrimonio a Villa Morosini.
“Tutto è nato da una distrazione - racconta a quattro mesi dall’incidente Naldi, amante degli sport estremi - un errore di manovra e mi sono ritrovato di fronte gli alberi. Mi sono risvegliato mentre i soccorritori dicevano, ‘tagliamo i vestiti, perché è pieno di benzina' e mi hanno anestetizzato”.
Stefano Naldi, che di lavoro fa la guardia giurata, ringrazia proprio loro, i soccorritori, arrivati in sette minuti e guidati dagli invitati alle nozze che alzando la testa al cielo hanno visto lo sportivo precipitare e hanno subito chiamato i soccorsi. Sul posto era arrivato l’elicottero da Padova. “Non so perché ero convinto che non sarei morto - racconta - Ma appena ho potuto, ho mosso le gambe per capire se c’erano ancora”.
Prendere in mano la vita di Stefano non è stato semplice. Lo choc è stato forte e la paura di rimanere paralizzato pure. Il direttore dell’Unità di medicina fisica della casa di cura Città di Rovigo Tiziano Salvadori spiega: “Il problema più grosso è stato alla colonna vertebrale: il rischio di paralisi degli arti inferiori risultava piuttosto elevato.
Naldi, i primi mesi aveva giurato che non avrebbe più inforcato nemmeno una bicicletta, mai più sarebbe salito in aereo, mai più provato ad andare in aliante. E invece la voglia matta di accarezzare le nuvole lo ha catturato nuovamente.
La storia completa sulla Voce in edicola lunedì 19 novembre.
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