VOCE
Tribunale
06.12.2018 - 21:40
Foto d'archivio
“Sì ho fatto uso di sostanze stupefacenti, ne compravo anche due volte alla settimana, per 5 o 10 euro alla volta. Sì era soprattutto marijuana o hashish. Sì ho comprato anche cento volte in un anno”. Alcuni dei ragazzi che hanno sfilato ieri davanti al collegio di Rovigo, presieduto da Angelo Risi, con giudici a latere Silvia Varotto e Raffaele Belvederi, sono ancora minorenni.
Nell’aula A li hanno accompagnati i genitori per testimoniare che a loro un certo “Escobar” o un certo “Myfriend” cedevano la droga. Uno spaccato dello spaccio in centro città, rivolto a poco più che adolescenti che raccontata dai protagonisti, impressiona e mette in allarme. Infatti l’indagine della squadra mobile di Rovigo, che tra il giugno del 2016 e l’ottobre del 2017 incastrò alcuni spacciatori, tra cui anche richiedenti asilo, scaturì dall’appello di una madre disperata perché il figlio faceva uso di sostanze stupefacenti e di pasticche e non ne usciva fuori.
Oggi in aula solo due dei cinque africani imputati di spaccio di droga a minorenni: R. R, nigeriano di 28 anni, difeso dall’avvocato Paolo Novellini del foro di Milano ed E. E, 23 anni, gambiano difeso dall’avvocato Massimo Bellinello del foro di Rovigo. Le altre tre posizioni sono state stralciate, perché hanno deciso di patteggiare o il rito abbreviato. Oggi è stato sentito il commissario della squadra mobile che condusse l’inchiesta.
Titubante uno dei cessionari, allora minorenne, che ricevette nel periodo di osservazione della squadra mobile, ben 50 quantitativi di marijuana. Non ha riconosciuto nel fascicolo che gli ha sottoposto il pm Andrea Girlando, l’imputato E. E, detto “Escobar”, che non era in aula. Lo aveva riconosciuto in sede di interrogatorio, ma non ha confermato in aula nonostante le domande incalzanti della pubblica accusa e quelle del presidente Risi.
Riconosciuto, invece, il coimputato, che tutti chiamavano “Myfriend”. L’udienza è stata rinviata al 14 febbraio per proseguire con l’audizione di altri testi.
L'operazione antidroga che ha permesso di individuare i cinque pusher era iniziata a settembre del 2016 quando una mamma coraggiosa si era rivolta alla questura di Rovigo perché il figlio 23enne faceva uso di droga e di psicofarmaci. Questi ultimi, se mischiati ad alcol, come è di moda ultimamente tra i giovani, assicurano un effetto simile allo “sballo” provato assumendo eroina. Il grido d’aiuto della signora aveva messo gli agenti sulla pista giusta, permettendo di alzare il velo su una rete di spaccio a minorenni fino ad allora rimasta nell’ombra. Attraverso le indagini, la squadra mobile era riuscita a risalire ai cinque spacciatori di hashish e marijuana. Al vertice della piramide c’erano due nigeriani, entrambi in attesa di ricevere lo status di rifugiati. Le piazze dello spaccio? I giardini delle Due Torri, la pista ciclabile Baden Powell e la galleria Balotta. Come dire: casa e chiesa.
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