VOCE
Dopo il referendum
17.12.2018 - 19:18
Il “no” di Frassinelle non ferma soltanto la fusione con Polesella. Ma rischia di mettere un veto anche ad ogni altra possibile aggregazione tra Comuni, nella nostra provincia, per molti anni. Perché - e, se ci fosse stato bisogno di un’ulteriore conferma dopo il flop di Civitanova, ormai è chiaro - il vento soffia nella direzione contraria alla soppressione dei piccoli Comuni. E i polesani confermano di essere ancora profondamente legati al proprio campanile.
“Se gli elettori rispondessero soltanto a criteri di razionalità, sarebbe innegabile che i vantaggi economici e di bilancio dati dall’aggregazione dei piccoli Comuni farebbero propendere l’ago della bilancia a favore della fusione”, dice Diego Crivellari, ex deputato, da sempre favorevole alle fusioni e che ha seguito con particolare interesse l’operazione che voleva portare alla nascita di Frassinelle Polesella.
“Ma oltre alla parte razionale - continua - c’è dell’altro: ci sono gli aspetti emotivi, c’è l’orgoglio di una comunità, il senso di appartenenza, ci sono le radici e c’è il campanile. E bisogna prendere atto che in Polesine questi aspetti sono prevalenti. Ora credo che sul tema delle fusioni sia necessario uno stop, che porti tutte le parti in causa a riflettere. La situazione locale da noi è diversa rispetto ad altre parti del Veneto: adesso serve una pausa, dato che in questi anni l’esito elettorale, per le fusioni, è negativo”.
Per Cristiano Corazzari, assessore regionale e anche lui spesso in prima fila nel promuovere i processi aggregativi tra i municipi, vanno ripensati prima di tutto “i progetti stessi di fusione che gli amministratori presentano ai cittadini. Perché la fusione deve essere come un abito di sartoria: ritagliata su misura per la realtà a cui è destinata. La fusione non è la soluzione a tutti i mali, ma dipende essenzialmente dalle caratteristiche dei Comuni coinvolti”.
Insomma, il matrimonio tra Frassinelle e Polesella - si legge tra le righe - non era pensato così bene. “Non lo è nel momento in cui si propone di unire due realtà che non sono contigue e omogenee dal punto di vista sociale - specifica Corazzari - è comprensibile che i cittadini siano spaventati da un matrimonio con un Comune di dimensioni molto più grandi. La paura è quella di scomparire”.
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