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I disturbi alimentari

Giulia: "Ho battuto l'anoressia grazie a Pantani"

“Pesavo 38 chili, il male era lì per farmi fuori. A Teolo ho trovato una spalla in Marco”

Giulia ce l’ha fatta grazie Pantani

Giulia ce l’ha fatta. Ed anche trovando aiuto in Marco Pantani, il mai dimenticato campione di ciclismo morto nel 2004 in circostanze per certi versi ancora misteriose.

Durante il nostro viaggio nel mondo dei disturbi alimentari, che colpiscono sempre più persone diventando una vera e propria piaga del nostro secolo, abbiamo incontrato Giulia, una lendinarese di 37 anni, che dopo aver sofferto per diverso tempo di anoressia, è riuscita ad uscirne e oggi conduce una vita normale.

E’ lei stessa a raccontare come ha preso consapevolezza della malattia e come oggi, fortunatamente, sia solo un brutto ricordo. “L’anoressia è arrivata senza che io me ne accorgessi ed ha cambiato la mia vita - racconta Giulia - mi aggrappavo a lei come fosse un’amica, mentre in realtà era lì per farmi fuori. Tutti si erano accorti che qualcosa non andava, ma io non volevo ammetterlo e dopo essere collassata durante la mia ultima partita di pallavolo ho aperto gli occhi. Avevo 21 anni”.

Racconta anche come trascorrevano le sue giornate e come in realtà lei stesse vivendo quel periodo, senza rendersi conto di essere ammalata. “Mi nutrivo solo di verdure e contavo maniacalmente le calorie - continua ancora - Persi 30 chili in pochi mesi fino ad arrivare a pesare 38 chili. A distanza di anni ho capito che il mio voleva essere un suicidio a lungo termine”.

E ancora: “‘Giulia è una ragazza forte, nulla la spaventa’, le persone che avevo accanto mi descrivevano così e per anni mi sono ‘accollata’ quel ruolo che mi avevano dato. In realtà mi sentivo fragilissima e attraverso l’estrema magrezza volevo semplicemente dire che non ero una ‘dura’ ma una ragazza con tante paure e alla quale mancava totalmente la fiducia in se stessa. Dopo il collasso iniziai a fare psicoterapia ma con scarso successo e subito dopo arrivarono anche le crisi di panico e la depressione. Uscivo comunque con gli amici ma il mio pensiero era fisso sulla bilancia e sulle ossa che si ‘dovevano’ vedere”.

Poi, inevitabilmente, inizia il periodo peggiore per la donna. “Persi il lavoro e per non ‘pesare’ sulla mia famiglia, accettai di farmi ricoverare al Parco dei Tigli di Teolo (Padova) - racconta ancora Giulia - Catapultata in una realtà ‘al di fuori dalla normalità’, cominciai a capire che ero ‘un morto che camminava’ e che dipendeva anche e soprattutto dalla mia voglia di farcela, di riprendere in mano la mia vita. Avevo chiuso la bocca in tutti i sensi: per mangiare ma soprattutto per parlare ed espormi”.

Il racconto continua: “Dovevo accettare di togliere la maschera da ‘dura’ e rivelare le mie debolezze senza averne vergogna. Dovevo accettare la persona che ero”.

In clinica, Giulia racconta anche di un incontro davvero particolare, con una persona della quale è poi diventata amica. Si tratta del campione di ciclismo Marco Pantani, anche lui ricoverato nella clinica sui colli Euganei (e poi morto la notte di San Valentino del 2004). “Marco è stato per me una spalla in quei giorni - racconta - mi ha dato coraggio e gli promisi che avrei lottato come mi aveva chiesto, come lui aveva sempre fatto, nonostante le sue debolezze”.

Erano giorni drammatici: “In quel periodo, dovevo addirittura fasciarmi i gomiti, perché al contatto con le superfici dure si rompeva la pelle - spiega la donna - Ho perso dei denti, mi è peggiorata la vista, ero dipendente da psicofarmaci e ora, a 37 anni sono già a rischio osteoporosi. Diciamo che la malattia vera e propria è durata una decina di anni e con la gravidanza ho lasciato quasi tutto alle spalle. In realtà non ci si rende conto quando si guarisce, perché forse non si guarisce mai del tutto, ma si riesce a tenere questo ‘Tallone d’Achille’ protetto. A distanza di anni posso affermare che l’anoressia mi ha lasciato cicatrici indelebili sia dal punto di vista fisico ma soprattutto dal punto di vista morale. Impari a gestire la paura, impari ad esporti, impari a far vedere chi sei ma sempre con il dubbio di ‘non andare bene’, di non essere ‘all'altezza’. È una lotta continua, ma ho la certezza che non striscerò più. Conosco il nemico, quello che mi ha tolto il sorriso e che mi ha rubato progetti e sogni e di certo non gli permetterò più di farlo”.

Giulia conclude con un consiglio a tutti coloro, soprattutto ragazze adolescenti, che si accorgessero di avere questo tipo di problema. “Non tappatevi la bocca - conclude - Parlate, esponetevi e non vergognatevi di voi stessi. La vita è una lotta, ma vale la pena affrontare ogni battaglia”.

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