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Economia

Brexit, siamo proprio alla frutta

Le eccellenze polesane subiranno rincari del 17%, venendo soppiantate dalle coltivazioni africane.

Brexit, siamo proprio alla frutta

La Gran Bretagna sta per dire addio all’Europa. Ma non solo: la Brexit, fissata per venerdì 29 marzo, potrebbe determinare anche un altro addio. Quello di inglesi, scozzesi e gallesi ai prodotti ortofrutticoli italiani. Che potrebbero letteralmente sparire dagli scaffali del Regno Unito, a causa dei nuovi dazi doganali che spingeranno i prezzi verso l’alto del 17%. In questo modo, i prodotti della nostra terra (e in Polesine si producono e si esportano eccellenze orofrutticole) rischiano di essere soppiantati in primis da quelli nordafricani.

Come spiega Coldiretti, circa un terzo della frutta e verdura consumata dagli inglesi viene dall’Unione Europea. Nel Regno Unito, infatti, si produce appena l’11% della frutta e il 42% della verdura consumate annualmente dagli inglesi, che sono costretti a una pesante dipendenza dall’estero che sale addirittura al 100% nel caso delle arance, all’80% per i pomodori e al 69% delle mele.

“Si tratta dunque di uno sbocco di mercato determinante per molti Paesi a partire proprio dal nostro che potrebbe improvvisamente restringersi”, commenta Ettore Prandini presidente di Coldiretti che in queste ore sta incontrando le aziende presenti alla rassegna.

Chiaro, dunque, che il sistema produttivo italiano guardi con preoccupazione al rischio dei dazi che potrebbero scattare in caso di mancato accordo sulla Brexit. Anche dal Polesine: Simone Moretti, vicepresidente provinciale della Coldiretti di Rovigo e responsabile di zona dell’associazione per Badia, parla chiaro: “Potrebbero esserci preclusioni per le nostre eccellenze, su tutte l’aglio bianco e kiwi, per continuare con il riso, il radicchio e l’insalata”.

Il servizio completo sulla Voce in edicola giovedì 7 febbraio.

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