VOCE
A Canaro
08.03.2019 - 20:37
Dalle slot del bar di Canaro arrivavano molti soldi. Ma don Mario ha detto basta, ha detto stop alle macchinette: “Troppe famiglie rovinate, coppie che si sono separate. Era inconcepibile che il bar del circolo Acli avesse al suo interno giochi d’azzardo”.
E così da qualche giorno al bar Sociale di Canaro non ci sono più slot machine, videopoker e altre maledette mangiasoldi. “Al loro posto - spiega don Mario Turatti - vedremo di mettere un flipper, oppure un biliardo o altri giochi non d’azzardo, compatibili con il classico passatempo ma anche con un ragionamento morale”.
Il sacerdote titolare della parrocchia di Santa Sofia, che è anche proprietaria del bar del circolo Acli è arrivato a questa decisione senza dubbi “ho atteso - dice - che scadesse il contratto con la ditta che forniva le slot per poi non rinnovarlo più. Il bar incasserà qualche soldo in meno? Pazienza, la salute delle persone è più importante e con me ha convenuto anche il presidente del circolo. La ludopatia purtroppo è un fenomeno in crescita, lo dicono tutte le strutture sanitarie, ormai si tratta d una vera e propria patologia. Non possiamo essere noi ad alimentarla. Di questa scelta ne ho parlato anche in diocesi, ovviamente hanno condiviso, anzi la linea è proprio quella di eliminare i giochi d’azzardo dai locali Acli della provincia. In Emilia Romagna è vietato tenere videopoker in locali vicino a scuole o chiese. In Veneto una legge del genere non c’è, dobbiamo quindi essere noi i primi a sensibilizzare su questo tema”.
Al bar Acli sono sparite quattro macchinette, impianti costantemente occupati da un viavai di persone che infilavano monete in slot e videopoker. In un’occasione la febbre da gioco è stata alla base della separazione di una coppia. E non era raro assistere a scene come quella di un padre entrato nel bar con il figlio, messo poi a sedere con due sacchetti di patatine per aver tempo a disposizione da dedicare alla caccia della combinazione vincente.
“La situazione non era più tollerabile - continua don Mario - ed ora che abbiamo preso questa scelta già diverse persone, anche padri di famiglia, hanno tirato un sospiro di sollievo, dicendo che era ora che le macchinette sparissero da quel bar, spesso frequentato da giovani, e da molte persone anche prima e dopo le messe festive e nei giorni di mercato.
Il paradosso, secondo il sacerdote “è quello dello Stato italiano, che da una parte incassa i soldi della tassazione sulle slot e sui proventi generati da queste, dall’altra spende risorse per contrastare la ludopatia. Un cane che si morde la coda”.
La scelta coraggiosa di don Mario non è l’unica in Polesine, ci sono anche altri bar che si sono dichiarati “slot free”, cioè liberi dalle slot. Ed infatti lui stesso sottolinea che “ci piacerebbe essere un esempio da seguire. Sia per i gestori dei locali, almeno quelli vicini a scuole e luoghi di aggregazione giovanile, sia per i ragazzi che devono crescere senza prendere spunto da chi punta sull’azzardo rischiando di disperdere il frutto del proprio lavoro e costringendo poi la propria famiglia a sacrifici e privazioni”.
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