VOCE
IL CASO
15.03.2019 - 20:38
Basta soffiare sul fuoco, basta agitare le folle, basta cercare di influire sui giudici. Questo l’appello che viene lanciato dall’avvocato Riccardo Venturi, di Ferrara, che segue una delle due ginecologhe coinvolte nei procedimenti, penali e civili, relativi alla nascita, in ospedale a Rovigo, nel 2008, di una bimba cerebrolesa. Secondo la sentenza penale di secondo grado e quella civile di primo, per un ritardo nel praticare il cesareo. L’udienza penale di Cassazione si terrà il 29 marzo. Quella di appello civile è in corso, dopo che, in primo grado, era stato riconosciuto ai genitori della bimba, Eleonora, un risarcimento nell’ordine dei 5 milioni di euro.
Nei giorni scorsi, ha creato scalpore una delle istanze avanzate dai legali delle assicurazioni: ridurre il risarcimento, teso in primo luogo a garantire il futuro della piccola, quando i genitori non ci saranno più. Secondo un consulente neonatologo, infatti, la bimba non ha una aspettativa di vita “normale” e questo ha implicazioni sulla quantificazione del risarcimento. Immediata la reazione popolare, sdegnata.
“Ricordo - precisa l’avvocato Venturi - che il Tribunale civile di Rovigo ha condannato nel settembre 2018 le due ginecologhe coinvolte e l’Azienda sanitaria locale di Rovigo, quindi le due compagnie assicurative, a risarcire i danni subiti da Eleonora e dalla madre di questa, liquidando in loro favore una somma superiore ai 5 milioni di euro, che è stata poi effettivamente versata alle aventi diritto nel mese di gennaio 2019”.
“Riteniamo che la sentenza di condanna del Tribunale di Rovigo sia errata e che, comunque, la cifra liquidata in favore della minore e della madre sia eccessiva. Sulla quantificazione del danno, vale la pena di ricordare che la domanda iniziale di risarcimento per madre e figlia superava i 30 milioni di euro: il Tribunale di Rovigo ha ridotto di molto le loro pretese, ma i danneggiati non hanno proposto impugnazione, sul punto”.
“Potrà infastidire - prosegue l’avvocato - ma le due ginecologhe, l’azienda sanitaria e persino le assicurazioni hanno il diritto, costituzionalmente garantito, di impugnare le sentenze per loro pregiudizievoli. Nel fare questo, è lecito e non eticamente sconveniente che si affronti rigorosamente – tra gli altri – anche il delicato tema dell’aspettativa di vita della minore, poiché è consentito mettere in discussione la decisione del Tribunale di Rovigo, nella parte in cui ha attribuito alla minore un’aspettativa di vita di ottant’anni”.
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