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Agricoltura

La Cina respinge la nostra frutta

Per e mele made in Polesine non possono essere esportate oltre la Muraglia. Coldiretti: “Ma loro qui portano di tutto, compresa la cimice asiatica. Il governo intervenga”.

La Cina respinge la nostra frutta

Sulla via della Seta non c’è spazio per pere e mele made in Polesine. La Cina chiude le porte alla frutta nostrana, accampando problemi fitosanitari e di agenti patogeni.

Di contro però - a lamentarsene è la Coldiretti - importa in Italia, oltre ai propri prodotti agricoli, anche insetti dannosi per le nostre colture, a cominciare dalla cimice asiatica. E così, l’associazione di categoria dei coltivatori diretti alza la voce nei confronti del governo, chiedendo di intervenire col Dragone per sbloccare - e in fretta! - la situazione, in parallelo alla trattativa per la nuova via commerciale tra Oriente e Occidente.

Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica, al momento per quanto riguarda la frutta fresca, l’Italia - sottolinea la Coldiretti - può esportare in Cina solo kiwi e gli agrumi, che peraltro sono stati sbloccati solo recentemente. E se il Polesine qualche kiwi riesce a piazzarlo anche nell’estremo Oriente, per pere e mele - che sono tra le principali produzioni frutticole della nostra provincia - quel mercato resta off limits.

“Il nostro settore agroalimentare - fa il punto il presidente provinciale di Coldiretti Carlo Salvan - è teso verso l’esportazione, e per questo speriamo che le trattative, ad altissimi livelli, possano riuscire a risolvere questa situazione. La chiusura commerciale nei nostri confronti semplicemente non ha senso di esistere, e va rimossa”.

Anche perché - spiega ancora Salvan - “la domanda interna non riesce a soddisfare tutte le esigenze economiche dei nostri produttori, servono nuovi sbocchi per le materie prime italiane, che sono di qualità, grazie anche alla professionalità e all’attenzione al prodotto e all’ambiente dei nostri agricoltori”.

E tra le eccellenze, Salvan cita direttamente la “pera abate, prodotta soltanto nel comprensorio tra Polesine ed Emilia Romagna. Poterla esportare in Cina risolverebbe anche le difficoltà che il settore sta vivendo in questo momento, a causa dei prezzi bassi”. E mentre la Cina ci chiude le porte, “noi ci dobbiamo subire l’invasione dei loro prodotti, con i relativi mali. A partire dalla cimice asiatica”, conclude Salvan.

Il servizio completo sulla Voce in edicola martedì 19 marzo.

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