VOCE
TRIBUNALE
25.03.2019 - 15:01
Giovanni Morello, 6 anni, di Anguillara Veneta. Si spense in ospedale a Rovigo il 13 gennaio del 2016
Una settimana di sofferenza, al termine della quale il piccolo Giovanni Morello si spense per le conseguenze di una strozzatura intestinale che, di fattò, provocò una rottura dall'esito in tutto e per tutto assimilabile a una peritonite. Questa la ricostruzione dei consulenti dell'accusa, nell'ambito del processo aperto per la morte del bimbo di Anguillara Veneta, di 6 anni, spentosi il 13 gennaio del 2016 in ospedale a Rovigo (LEGGI ARTICOLO).
A processo, con l'ipotesi di reato di omicidio colposo, per quei fatti si trova il medico all'epoca dei fatti facente funzione di primario di Pediatria in ospedale a Rovigo. Gli viene contestato il fatto di non avere, secondo la tesi accusatoria, predisposto esami che potessero fare emergere il vero problema che affliggeva il bimbo e che non sarebbe stato diagnosticato emerso nel corso del ricovero. Una strozzatura intestinale che sarebbe via via peggiorata, sino a provocare prima l'assottigliamento della parete, quindi la rottura che, infine, avrebbe provocato il decesso.
Un progetto delicatissimo, perché, al di là del comprensibile dolore per una tragedia immane, si tratta di capire se, nel corso del ricovero, siano stati omessi accertamenti o comportamenti che sarebbero stati doverosi e che, se attuati, avrebbero consentito di salvare il piccolo. Non solo: si deve anche stabilire se, di queste omissioni, qualora esistenti, possa essere in effetti ritenuto responsabile l'imputato, unico rimasto, a fronte di un numero di indagati che, in prima istanza, era molto più elevato.
I consulenti dell'accusa sono stati, su questo fronte, piuttosto chiari. Hanno ritenuto che, per i sintomi che il bimbo presentava, a un certo punto si sarebbero dovuti disporre esami che avrebbero potuto fare emergere il reale problema esistente, laddove, invece, in prima battuta si stava valutando la possibilità di una enterite. Non solo: hanno anche detto che, vista la mancanza di un reparto di chirurgia pediatrica a Rovigo, un trasferimento a Padova, dove invece questo reparto esiste ed è una eccellenza, avrebbe potuto evitare l'esito fatale.
Diversa l'opinione dei consulenti della difesa, secondo i quali l'imputato, nei giorni in cui effettivamente seguì il caso, non avrebbe avuto la possibilità di accorgersi di quanto stava accadendo. Anche loro, nel corso della propria deposizione, hanno fatto emergere come sia piuttosto atipico, a loro avviso, ritrovare a processo un unico imputato, quando furono numerosi i medici che ebbero a che fare con il piccolo.
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