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IL CASO
I cellulari venivano pagati, ma non arrivavano
19/04/2019 - 14:00
Le parti offese, identificate nel corso del processo, sono 129. Ma è lecito supporre che siano molti di più coloro che ci sono caduti. E che molti abbiano pensato che non valesse neppure la pena di fare denuncia, o di imbarcarsi in un procedimento penale, visto che, tutto sommato, il danno era modesto. Probabile che fosse proprio questo, del resto, il medesimo ragionamento fatto dal presunto truffatore: colpire a tappeto, per somme non ingenti. Si calcola che in un anno si sia messo in tasca, di fatto senza alcuna fatica, una somma nell'ordine dei 60mila euro.
56 anni, residente a Ferrara ma con "quartier generale" a Occhiobello, avrebbe creato siti e piattaforme online sulle quali venivano messi in vendita cellulari, playstation e materiale tecnologico di questo tipo. Inserzioni di prodotti offerti a prezzi invitanti, di qualche decina di euro inferiori alla media, ma non tanto irreali da fare subodorare la truffa. In tanti avrebbero abboccato, colpiti anche dalla cortesia e dalle pronte risposte dell'inserzionista alle richieste di informazioni e di chiarimenti.
Poi, però, sempre secondo questa ricostruzione dei fatti, il materiale non arrivava. E all'improvviso contattare quel gentilissimo venditore diventava difficilissimo. Questa l'ossatura della vicenda, dal punto di vista dell'accusa, al centro del processo penale celebrato a Ferrara. Al termine di questo, è arrivata una condanna a tre anni per l'imputato.
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