VOCE
Il caso
21.04.2019 - 12:17
Un frame dall'ultima trasmissione delle Iene dedicata alla morte di Willy Branchi
È a un bivio l’ex parroco di Goro don Tiziano Bruscagin. Da un lato deve difendersi dall’accusa di aver infamato delle persone davanti agli inquirenti indicandole come responsabili dell’omicidio di Willy Branchi. Dall’altro deve dimostrare di non aver contribuito, di fatto, a proteggere i colpevoli dando false informazioni, o con un silenzio di troppo davanti al pm.
La procura di Ferrara ha chiuso le indagini a suo carico, chiamandolo a rispondere di una doppia accusa: calunnia e false informazioni rese al pubblico ministero. Il sostituto procuratore Andrea Maggioni non molla di un centimetro e prosegue a tambur battente le indagini sull’omicidio del giovane Willy, massacrato e ucciso nella notte tra il 29 e il 30 settembre del 1988.
E lo fa chiedendo la verità a chi da subito aveva detto di sapere, facendo nomi e cognomi agli inquirenti di allora e di oggi, nel 2015 al sostituto procuratore Giuseppe Tittaferrante e ancora nel 2018 al suo successore, Maggioni appunto, che ha preso in mano il fascicolo dopo che il gip Carlo Negri ha disposto un approfondimento d’indagine convinto dall’opposizione all’archiviazione presentata dall’avvocato Simone Bianchi, legale della famiglia di Willy.
Le ipotesi accusatorie sono due: quella di aver calunniato tre uomini davanti al magistrato, indicandoli come gli autori dell’assassinio e dell’occultamento del cadavere; e quella di aver reso dichiarazioni false o reticenti al pm in ordine alle indagini sull’omicidio.
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