VOCE
IL CASO
01.05.2019 - 14:06
Bastava chiederlo e presentare due semplici atti: ma nessuno l0 ha fatto. Con quello che ne consegue
Prendete l’ex Scalo Merci. Sì, proprio quell’ex Scalo - diventato un “fantasma urbano” attorno al quale da anni e anni la politica rodigina si arrotola come un serpente senza trovare una via d’uscita.
Che tutti lì vogliano realizzare la nuova stazione delle corriere è un dato di fatto. Sul come ottenere l’area da Rfi, da una ventina d’anni a questa parte, nessuno ha però saputo trovare la strada. Troppi soldi per l’intervento, hanno detto almeno quattro sindaci. Uno dopo l’altro.
Poi dai cassetti salta fuori una Convenzione, firmata per la cronaca il 28 giugno 2003 (avete letto bene, 2003, vale a dire 16 anni fa) con la quale in pratica Rfi (Rete ferroviaria italiana) concedeva già allora il terreno al Comune di Rovigo per farci - testuale - la stazione delle corriere. E non solo.
Si tratta, per essere rpevisi, di un “Protocollo d’intesa” a quattro firmato dall’allora sindaco di Rovigo, Paolo Avezzù, dall’ex assessore regionale Renato Chisso, dall’allora presidente di Interporto, Mario Borgatti, e dal dirigente incaricato di Rfi.
Sedici anni fa.
Sedici anni nel corso dei quali tutti sembrano essersi dimenticati che sarebbe stata sufficiente una variante urbanistica e il gioco sarebbe stato portato a termine. Evitando nel contempo lo “scempio” di quella stazione posticcia per i bus nel piazzale del Santuario. Una stazione temporanea - aveva detto all’epoca l’allora assessore Luigi Paulon - destinata a rimanere lì pochi mesi. E sono passati - guarda caso - 16 anni!
Si intitola “Protocollo d’intesa per la realizzazione e il potenziamento degli impianti merci di Rovigo e la riqualificazione urbanistica delle aree attuale scalo merci”.
Scalo merci divento ben presto un “ex”, visto che in ottemperanza proprio a quel “Protocollo”, la Regione Veneto (uno dei quattro firmatari) e Rfi hanno investito oltre 2 milioni di euro per la realizzazione del nuovo scalo (1,5 milioni le ferrovie e il resto Venezia), in zona Interporto, su terreni (dati in uso per 50 anni alle Ferrovie) che proprio Interporto aveva nel frattempo acquisito per circa 300mila euro.
Entrato in funzione il nuovo scalo, poi depotenziato nel corso degli anni per scelte strategiche di Rfi, e attualmente utilizzato da Interporto (che lo ha a sua volta ripreso in affitto da Rfi per una cifra modesta, a dire il vero) come polmone di sfogo per i propri binari, la riparazione dei carri e la lavorazione dei container, il vecchio scalo vicino alla ferrovia aspetta da allora di passare al Comune.
Palazzo Nodari per averlo avrebbe dovuto eseguire due semplici passaggi: presentare una variante all’allora Prg e portarla all’attenzione di una commissione paritetica fra i firmatari del Protocollo (come detto Comune, Regione, Interporto e Rfi) che a sua volta aveva un tempo massimo di 180 giorni per dare dare il via libera. E’ bene ripeterlo; 180 giorni a far data dal 23 giugno 2003, ovvero entro gennaio del 2004. Nel Protocollo, per la cronaca, ci sono anche i nomi dei due dirigenti indicati da Comune per fare parte della commissione: gli architetti Fiorenza Ronsisvalle e Gianpaolo Ferlin. Se la commissione si sia riunita o meno non è dato saperlo.
Invece... Di certo della variante si sono perse tutte le tracce. E da quel giorno sono passati 16 anni, quattro sindaci (Avezzù, Merchiori, Piva e Bergamin) e svariati assessori, molti dei quali sono in corsa anche alle prossime elezioni comunali.
E dire che il “Protocollo” era preciso anche sul cosa prevedere all’interno della variante urbanistica. E spiegava che il terreno (50mila metri quadrati) sarebbe stato utilizzato per “uso servizi, ricettività e parcheggi”. Dove uso “servizi” sta per la stazione degli autobus, mentre la “ricettività” prevedeva la realizzazione di abitazioni a uso studentato universitario.
Insomma: bastava una variante e la volontà politica di trovare i soldi. Oggi, a maggio 2019, ci troviamo invece con il commissario prefettizio che ha deciso di mettere mano, se non altro, al trasferimento della stazione delle corriere. Ma che per farlo deve incontrarsi prima con le ferrovie. E si ricomincia da capo.
Sedici anni dopo.
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