VOCE
palazzo celio
11.05.2019 - 21:07
Una non aveva l’autorizzazione e l’altra invece aveva superato i livelli di inquinamento
Morsa sempre più stretta sulle aziende per garantire la qualità delle nostre acque: la Provincia di Rovigo, a seguito dei rilevamenti di Arpav, ha diffidato due aziende locali per “inosservanza delle prescrizioni autorizzative”.
In pratica il servizio ambiente di Palazzo Celio ha diffidato una azienda che opera nel territorio polesano dall’effettuare ulteriori scarichi in acqua visto che questa proprio non aveva ottenuto alcuna autorizzazione mentre ha diffidato una seconda azienda perché lo scarico, seppure autorizzato, non avrebbe rispettato i parametri previsti dall’autorizzazione.
Dopo l’arrivo della fobia inquinamento da pfas anche in Polesine, giunta nel nostro territorio dopo il report dell’agenzia regionale che avrebbe rilevato livelli di inquinamento 2mila volte superiori per un pfas di nuova generazione anche nel nostro Po, a Castelmassa per l’esattezza, il controllo sugli scarichi in acqua da parte di Arpav è diventato ancora più serrato.
Nel primo caso in questione, una azienda del territorio diffidata perché non aveva alcuna autorizzazione allo scarico, i controlli sarebbero partiti a seguito di una segnalazione preoccupante che parlava della presenza di sostanze inquinanti in un fossato.
A seguito del sopralluogo effettuato dai tecnici dell’Arpav sarebbe emerso che l’azienda pur non avendo richiesto autorizzazioni avrebbe scaricato regolarmente in acqua tramite due tubazioni.
Immediata la diffida della Provincia di Rovigo, responsabile del rilascio delle autorizzazioni del caso.
Nel secondo caso, invece, l’azienda in questione aveva tutte le autorizzazioni del caso per lo scarico in acqua. Ma non avrebbe rispettato, invece, i limiti di emissione. A seguito del rapporto di analisi chimica e biologica del campione prelevato alla fine di febbraio da Arpav, rapporto consegnato il 24 aprile, la Provincia di Rovigo ha deciso di emettere un provvedimento di diffida contro l’azienda in questione. Questo perché dal rapporto sarebbe emerso il superamento dei limiti prescritti nell’autorizzazione per quanto riguarda i parametri di azoto ammoniacale e fosforo totale.
Entrambe le aziende colpite dal provvedimento della Provincia hanno facoltà di ricorre al tribunale amministrativo regionale.
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