VOCE
Economia
08.06.2019 - 19:31
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Un piano A ed un piano B. Due strade per non veder tramontare la Zes per Marghera e il Polesine, due strade che entreranno nella discussione del governo, e del Parlamento, nei prossimi giorni, con l’onorevole Andreuzza in prima linea per vincolare il governo ad impegni e certezze.
Domani pomeriggio i sindaci polesani, parlamentari e Confindustria, si riuniranno in Provincia nel vertice convocato da Ivan Dall’Ara per fare il punto sulla Zona economica speciale. Nei giorni seguenti, invece, la partita si giocherà a Roma, in sede di commissione attività produttive e poi di analisi e voto del decreto Crescita. Lo sviluppo del Polesine, quindi, è al centro dei lavori dei palazzi romani e nel cuore dei punti di frizione fra gli alleati del governo Lega-5 Stelle.
L’onorevole veneziana del Carroccio, Giorgia Andreuzza ha già depositato un emendamento in sede di commissione attività produttive, l’emendamento 34.4 al decreto Crescita. “Si tratta - spiega la deputata veneziana - di un emendamento che fa riferimento alla possibilità di allargare le aree Zes, prendendo da subito in considerazione il piano industriale definito da Confindustria Venezia-Rovigo, un piano condiviso anche dalla Regione Veneto. L’emendamento sarà discusso e votato in commissione e poi alla Camera, probabilmente già entro la settimana”.
Ma in calendario c’è anche un piano B, una sorta di compromesso per chiedere al governo un impegno formale verso la Zes veneta “che potrebbe - spiega Andreuzza - dare la possibilità agli imprenditori di andare avanti con il loro piano, nella certezza che entro pochi mesi l’istituzione della Zona economica speciale sarà formalizzata”. In questo casa di tratta di osservazioni, con parere positivo unanime, che chiedono l’allargamento delle aree Zes anche in altre zone d’Italia, non solo al sud. “Sarebbe - continua Andreuzza - un passo comunque importante, perché impegnerebbe il governo con un segnale preciso”.
L’onorevole di Venezia precisa anche che “l’introduzione della Zes a Marghera e in Polesine non andrebbe affatto a sovrapporsi con quelle già istituite per il sud. Sia per la specificità del piano redatto da Confindustria, sia perché farebbe arrivare in Italia aziende che senza questa opportunità non verrebbero e sceglierebbero altri Paesi europei. Non sfruttare questa occasione farebbe perdere al Paese delle grandi opportunità. Non solo per il territorio polesano e veneziano, perché creare migliaia di posti di lavoro e portare in Italia aziende che altrimenti non verrebbero produrrebbe un notevole aumento del Pil. I benefici poi sarebbero per tutta l’Italia. Questo è il senso della Zes in Veneto. La partita in gioco è quella di aumentare l’attrattività di un territorio, non capire questa opportunità, definita proprio dall’Unione europea, sarebbe un farsi del male da soli.
Lunedì scorso il ministro per il Sud aveva aperto l’acqua della doccia gelata per la provincia di Rovigo annunciando che di Zes per Marghera e Polesine se ne riparlerà in occasione della legge di bilancio tra autunno e inverno, rimandando tutto, inoltre, ad un progetto composito, che comprenda anche altre aree del Centro Nord.
Ma in Veneto non ci si rassegna ad annacquare l’entusiasmo, Confindustria è già al lavoro per pianificare il tema Zes anche di concerto col ministero dello Sviluppo economico. Sul fronte politico invece da una parte sindaci e istituzioni del Polesine stanno cercando vie per far sentire la propria voce. Dall’altra ci sono i parlamentari di governo impegnati nel far cambiare idea al ministro per il Sud Barbara Lezzi, a partire dalle prossime sedute della commissione parlamentare attività produttive.
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