VOCE
polizia locale
11.07.2019 - 20:38
Secondo l’associazione, che cita la Cassazione, armare gli agenti non sarebbe facoltativo”
Vendere le pistole acquistate per la polizia locale? L’affermazione del sindaco di Rovigo Edoardo Gaffeo ha fatto drizzare in capelli in testa al presidente nazionale dell’Anvu, associazione nazionale professionale della polizia locale d’Italia, Silvana Paci che ha deciso di scrivere una lettera al primo cittadino. Una lettera con la quale chiede un incontro, anche alla presenza del comandante della Polizia Locale, Giovani Tesoro.
“Quale presidente della associazione professionale dei vigili più rappresentativa a livello nazionale, sono stata interpellata da numerosi colleghi italiani, allarmati e increduli di fronte alla notizia apparsa sulla stampa dalla quale si apprende della volontà dell’amministrazione comunale di Rovigo di disarmare gli operatori della sua polizia locale - scrive la presidente nazionale - Nell’auspicarmi che la notizia sia priva di fondamento e frutto di ingiustificati attacchi, sono a chiedere di incontrarla per meglio esplicitare le motivazioni della mia forte preoccupazione per quanto asserito sulla stampa”, scrive rivolta al sindaco.
“Inoltre, vorrei rappresentarle la necessità di dotare gli operatori della polizia locale dell’arma di servizio, avendo questi l’obbligo giuridico di intervenire in presenza di un reato alla pari delle altre forze di polizia e dovendo questi tutelare non solo la propria ma anche l’altrui incolumità in un paese in cui per garantire la sicurezza urbana sono state chiamate a concorrere anche le amministrazioni comunali attraverso le loro polizia locali - continua la lettera della presidente nazionale indirizzata a sindaco e comandante - La corte di cassazione conferma quanto da noi sempre sostenuto ovvero che armare gli agenti di polizia locale è piuttosto un obbligo che una facoltà. Secondo i giudici della cassazione, in virtù del generale dovere di sicurezza, è addebitabile al datore di lavoro la responsabilità per il danno occorso al lavoratore che appaia causalmente riconducibile, in mancanza di prova contraria, all’assenza di misure di prevenzione ‘innominate’ le quali, ancorchè non espressamente imposte dalla legge, siano suggerite dagli standard normalmente osservati. Il citato articolo del codice civile fa obbligo al datore di lavoro di ‘adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro’. Confido nella sua disponibilità al dialogo”.
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