VOCE
ROVIGO
04.08.2019 - 12:03
Il comandante della polizia locale Giovanni Tesoro
Non solo varie sentenze del Consiglio di Stato, il massimo Tribunale chiamato a valutare la legittimità delle decisioni della pubblica amministrazione, e una recentissima delibera dell'anticorruzione, che escludono con chiarezza che la polizia locale, una volta istituita in corpo, ossia con oltre sette dipendenti, possa essere messa alle dipendenze di un dirigente amministrativo, come ha appena fatto il Comune di Rovigo.
C'è anche ulteriore giurisprudenza del Consiglio di Stato, che pare escludere con altrettanta chiarezza, con una sentenza del 2015, che la professionalità che deve contraddistinguere il comandante della polizia locale possa essere reperita o formata dal Comune al proprio interno. Ossia, ad avviso dei giudici di ultima istanza competenti per il diritto amministrativo, il Comune non può scegliere un dipendente, o un dirigente, e farlo diventare sul campo comandante della polizia locale; il che, ancora una volta, pare in buona sostanza quanto ha fatto il Comune di Rovigo, spostando il comandante della polizia locale Giovanni Tesoro ai Servizi sociali e mettendo al suo posto Alfonso Cavaliere, dirigente comunale. Un professionista di altissimo livello, senza alcun dubbio, ma non un comandante della polizia locale, altrettanto indubbiamente.
Dalla giurisprudenza e dal massimo organo chiamato a decidere sulla legittimità dell'agire della pubblica amministrazione - ma, ribadiamolo, anche da una pronuncia di giugno, dell'Autorità anticorruzione - continuano in sostanza ad arrivare bordate che fanno dubitare della legittimità del "giro" di dirigenti deciso dalla nuova amministrazione comunale, che ha avuto come effetto più evidente quello di spedire il comandante della polizia locale a fare tutt'altro, mettendo i vigili urbani gerarchicamente alle dipendenze di un dirigente amministrativo.
Già questa possibilità, come detto, appare ampiamente esclusa da una giurisprudenza consolidata, con sentenze del 2000, del 2012, del 2013 e del 2015 del Consiglio di Stato. "Il Corpo di polizia municipale - si legge nell'ultima pronuncia - rappresenta un'entità organizzativa unitaria ed autonoma rispetto alle altre strutture organizzative del Comune, costituito dall'aggregazione di tutti i dipendenti comunali che esplicano, a vari livelli, i servizi di polizia locale e al cui vertice è posto un comandante, anche egli vigile urbano, che ha la responsabilità del Corpo e ne risponde direttamente al Sindaco".
"Una volta eretta in 'Corpo' - prosegue la giurisprudenza citata - la Polizia Municipale non può essere considerata una struttura intermedia inserita in una struttura burocratica più ampia, né attraverso un simile incardinamento può essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo che dirige questa più ampia struttura, con la conseguenza che non solo essa non può essere inserita quale struttura intermedia (come Sezione) in una struttura burocratica più ampia (in un Settore amministrativo), né, per questo incardinamento, può essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo che dirige questa più ampia struttura".
Principi che, secondo i giudici amministrativi, discendono dalla peculiarità del lavoro dei componenti della polizia locale, che hanno un trattamento economico diverso, rispetto agli altri dipendenti comunali, ma anche una scala gerarchica più rigida, del tutto sconosciuta, ovviamente, all'interno dei "normali" uffici municipali. Così come hanno mansioni differenti. "L'autonomia del Corpo di Polizia Municipale è connaturale - prosegue la giurisprudenza - alla specificità delle funzioni del personale che vi appartiene, stante l'attribuzione in via ordinaria a tutti gli addetti della polizia municipale delle funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale e di pubblica sicurezza con riconoscimento della relativa qualità".
Tirando le fila del discorso: la polizia locale deve essere autonoma dalle altre aree della macrostruttura comunale, risponde direttamente al sindaco o all'assessore, ossia all'organo di indirizzo politico, e non può essere sottoposta al controllo di un dirigente amministrativo.
La sentenza del Consiglio di Stato del 2015, poi, aggiunge un altro principio: il Comune non può trovare e formare al proprio interno la professionalità che dovrebbe contraddistinguere il comandante dei vigili. Non può, in parole povere, individuare un futuro comandante della polizia locale e formarselo in casa.
"Deve escludersi - prosegue il ragionamento dei giudici amministrativi - che la professionalità necessaria per lo svolgimento proprio di quelle specifiche funzioni sia acquisibile all'interno dell'organizzazione comunale, trattandosi di una professionalità che non può intendersi limitata alla conoscenza del territorio comunale e del suo substrato sociale, ovvero dell'effettivo funzionamento dell'apparato comunale, né in queste conoscenze si esaurisce, comportando piuttosto lo svolgimento, sovente anche con piena autonomia di giudizio, di funzioni di polizia locale, nonché di polizia giudiziaria e di ordine pubblico, che implicano l'appropriata conoscenza teoriche e tecniche di codici e di norme".
Insomma: crescono di dubbi sulla legittimità della decisione operata dall'amministrazione comunale. E paiono ampliarsi i margini per un ricorso contro questa. Sperando che non si debba arrivare a parlare di un possibile danno erariale.
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