VOCE
L'inchiesta
03.10.2019 - 20:24
Giovanni Mandoliti, primario di radioterapia a Rovigo
“Faccio da 40 anni il medico non ci si abitua mai al male o a perdere un paziente”
Le persone che si ammalano ogni anno di tumore sono 1.700 nella provincia di Rovigo. Negli ultimi anni, secondo i dati regionali, sono soprattutto le donne ad ammalarsi, di tumore alla mammella. L’incidenza, infatti, è del 15,6% ogni anno, per il 14% sono tumori al colon retto, il 10% sono tumori ai polmoni, altrettanti alla prostata, mentre il 7% riscontra un tumore alla vescica. Anche nella casistica provinciale, dunque, il tumore alla mammella è al primo posto, anche per fascia d’età. Tra gli 0 e i 49 anni, infatti, il tumore al seno è quello a più alta incidenza.
“Per questo è molto importante lo screening, in alcune regioni - spiega Giovanni Mandoliti, direttore del reparto di Radioterapia all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Rovigo - si è pensato di anticiparlo a prima dei 50 anni, perché si ammalano anche ragazze giovani. In Polesine si riscontrano 59 casi di tumore alla mammella ogni anno”.
Mandoliti dirige il reparto di radioterapia dal 1993. In 26 anni il reparto è raddoppiato e le indicazioni di cura con radioterapia sono aumentate di pari misura: “Negli anni siamo cresciuti in modo esponenziale. Nel 1993 - racconta orgoglioso - c’era solo un acceleratore lineare, tre medici, sei tecnici e quattro infermieri. Dopo 26 anni abbiamo due acceleratori lineari di ultima generazione, una tac dedicata alla radioterapia, questo significa che non siamo costretti ad andare in radiologia per la Tac, sei medici, 11 tecnici, sei infermiere, uno psico-ongologo 1 psicoongologo e un operatore socio sanitario. In tutto 25 persone”. I pazienti sono aumentati, del 60-65%, anche perché sono aumentate le indicazioni per la radioterapia.
Un altro aspetto a cui non ci si abitua mai, nemmeno dopo 40 anni di professione è la sconfitta davanti alla malattia, la recidiva, questo rapporto così stretto con la morte, che può arrivare anche se il paziente lotta con tutto se stesso. “Io ho fatto dell’empatia con il paziente un motivo della mia professione. Anche nel morire c’è qualcosa di dinamico. Bisogna accompagnare il paziente. Anche quando non c’è nulla da fare c’è molto da fare, aiutare la famiglia. Ogni paziente che io perdo è un dolore. Non ci si abitua mai”.
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