VOCE
Il caso
07.10.2019 - 21:04
“Noi zingari facciamo così”. La frase che i sequestratori arrestati dai carabinieri di Rovigo hanno usato per giustificare la loro condotta delittuosa la dice lunga sul grado di integrazione di determinati gruppi sociali. Per alcuni infatti, rapire e picchiare una donna, la ex compagna in questo caso, rientra a pieno titolo nel proprio modo di essere e concepire la vita, una sorta di tradizione o costume. Certo qualcuno probabilmente ci gioca su, e non avendo di meglio per motivare il proprio comportamento, si arrampica sugli specchi del “da noi si fa così”. Al di là del pretesto, assurdo e inaccettabile, riemerge in primo piano le difficoltà di integrazione di determinati gruppi sociali, dove il rispetto delle regole viene spesso messo dopo le proprie convenienze.
Sul piano della indulgenza zero verso chi non rispetta le regole e non si adegua ai codici comportamentali della comunità è da sempre la Lega, l’assessore regionale Cristiano Corazzari dice chiaramente che “nessuno può vivere al di fuori delle regole”. E poi aggiunge: “La legge vale allo stesso modo per tutti, e chi viene da fuori a maggior ragione dovrebbe rispettarla”. E ancora: “L’uso della violenza con queste motivazioni è ancora più inaccettabile, situazioni che vanno estirpate senza esitazione”.
Spesso sono i sindaci ad essere in prima linea in casi di mancata integrazione fra etnie o gruppi sociali diversi. “Bisognerebbe rispettare le regole della comunità dove si sceglie di vivere. Ma purtroppo sappiamo che non sempre è così”. Sono parole del sindaco Gigi Viaro, primo cittadino di Lendinara, dove i sequestratori abitavano. “Purtroppo - aggiunge - molte volte noi sindaci siamo all’oscuro di certe dinamiche. Non mi riferisco tanto al caso specifico, quanto al fatto che problematiche di integrazione e rispetto delle regole sfuggono al controllo quotidiano”. Viaro non vuole fare generalizzazioni ma ammette che in troppi casi c’è chi le regole della civile convivenza non le vuole seguire.
Chi da anni lotta e lavora per integrare cittadini di origine nomade sono gli amministratori di Villanova Marchesana, un piccolo comune dove i residenti rom o di origine nomade sono molti. “Noi - sottolinea il sindaco Riccardo Rigotto - in un certo senso li marchiamo stretti, nel senso che appena abbiamo voce di violenze sulle donne interveniamo subito. Per fortuna le nuove generazioni non hanno il concetto di dominio sulla parte femminile come era una volta. Eppure ci sono stati casi in cui ho dovuto dire chiaro e tondo che se gli uomini avessero continuato ad alzare le mani su donne o minori sarebbero scattate le denunce”. E non sono mancati gli episodi di donne che hanno ammesso di non voler denunciare episodi di violenza per paura “a quattr’occhi - continua il primo cittadino - alludono a determinate sofferenze, poi però diventano omertose per non andare contro il volere dell’uomo. Venti anni fa, quando nel nostro territorio si insediarono i primi stranieri provenienti da Serbia o Kosovo, questi modi di fare erano molto più frequenti. Ora, con un lavoro decennale di sensibilizzazione le cose sono migliorate. Ma la guardia va sempre tenuta alta perché occorre avere sempre tolleranza zero nei confronti della violenza, anche quella che avviene fra le mura di casa. Ci vuole tempo, ma ora anche le donne di origine nomade cominciano a prendere coscienza dei propri diritti. E noi cerchiamo di aiutarle con corsi di integrazione culturale e alfabetizzazione”. Insomma il salto culturale è stato in parte cominciato, ma il lavoro non è ancora terminato.
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