“In Libia volevano uccidermi”

Una storia di sofferenza e soprusi, la voglia di cambiare vita e sbarcare in un mondo migliore, una storia di speranza e rinascita.

Peter John all’inizio ha poca voglia di parlare, è all’ingresso del supermercato Dpiù in via Ca’ Donà. Saluta tutti i passanti con cortesia: “Buongiorno signora”, anche se l’italiano è un po’ stentato. Il nigeriano racimola qualche moneta, chiede l’elemosina.

Poi il ragazzo si convince e racconta la sua storia: “Ho 33 anni, sono nigeriano, sono arrivato in Italia nel 2017”.

Quel viaggio non se lo scorda: “Eravamo su un barcone, è durato tantissime ore. Eravamo in 150 persone, ho avuto paura”. Peter assicura che non ha sborsato un euro: “Sono scappato grazie a un amico e sono salito su quel barcone”.

Gli occhi sono segnati da quella esperienza: “Ho lavorato in campagna in Libia, coltivavamo i pomodori. Eravamo in una fattoria, facevo un po’ di tutto, anche i lavori in casa, ho costruito i pavimenti”.

Sono momenti che è difficile dimenticare: “Il capo era cattivo, ci picchiava, le autorità minacciavano di buttarci in una fossa e di spararci - è l’incredibile testimonianza di Peter John - e così ho deciso di andarmene, di venire in Italia”.

Il ragazzo mostra con orgoglio le sue competenze: “Sono originario di Benin City, capitale dello stato di Edo. Ho studiato al Polytechnic di Kaura Namuda”. E gira sempre con i curricula nello zaino: “Da alcuni mesi abito a Rovigo, vado a Ferrara e a Padova per cercare un lavoro, ho chiesto anche tramite agenzia, ma non ho trovato nulla” dice Peter con tono sconsolato.

Il 33enne tira fuori le monetine dalla tasca, comincia a contarle, in quattro ore fuori dal supermercato ha raccolto appena sette euro.

Poi prende le sue borse, lo zaino in spalla e se ne va. “Devo tornare a Rovigo, vado a cercare lavoro”.

Sulla "Voce" di giovedì 10 ottobre l'articolo completo.