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Il caso del'ex sindaco Bergamin

Il mistero del Berga scomparso

Leggende metropolitane e domande senza risposte: “Che fine ha fatto?”

Il mistero del Berga scomparso

Tra poco a Rovigo giungerà la troupe televisiva del programma “Chi l’ha visto?” per occuparsi del grande mistero che avvolge la città da 250 giorni: ma che fine ha fatto Massimo Bergamin? Infatti da 250 giorni esatti, cioè dal giorno dopo la caduta della sua giunta (il 21 febbraio 2019), dell’ex sindaco di Rovigo non si hanno più notizie. E da allora non trovano risposta i vari “Che fa Bergamin?”, “E il Berga? Medita vendetta o si è rassegnato?” “Ma fa ancora politica?” Niente, tabula rasa, un silenzio e una scomparsa anche fisica che nel corso delle settimane e dei mesi hanno alimentato teorie strampalate e leggende metropolitane.

C’è chi dice che sia partito per un lungo viaggio (ma in giro per il mondo o dentro se stesso?), “su Instagram ho visto che è in Germania”, e ancora “mi hanno detto che è a Roma per seguire dei corsi”, e via dicendo. Per un certo periodo la leggenda si è autoriprodotta sostenendo che Bergamin era entrato a far parte dello staff dell’allora sottosegretario Bitonci (assistente, portaborse, autista?). Ma nessuna conferma è mai arrivata. Anzi, si sospetta si trattasse di una bufala messa in giro per confondere le acque (in fondo il Polesine è la terra dei fiumi). Ci mancava, insomma, solo la seduta spiritica (e non spiritosa) per evocare la presenza del Berga. La sua cordialità non è mai venuta meno, e anche quando gli si chiedeva un commento rispondeva con un freddo ma educato “Buona giornata”.

Molti aspettavano al varco una sua comparsa il giorno delle elezioni comunali per scegliere il suo successore. Ma Bergamin al seggio della Gran Guardia, dove risultava iscritto, non si è presentato né al primo turno né al ballottaggio di inizio giugno, come se il suo nuovo mantra fosse diventato “Dopo di me il diluvio”.

E i suoi colleghi di partito? Dicono che alle riunioni della Lega non si sia più presentato, fantasma coerente con se stesso. Durante la campagna elettorale, in un primo tempo i vertici del Carroccio hanno provato ad assicurare nuovi ruoli per il Berga, salvo poi far cadere nel dimenticatoio ogni riferimento a chi ha guidato palazzo Nodari per 4 anni. Insomma di Bergamin nessuna notizia.

Lo si vede - dicono - con una certa costanza solo alle riunioni del cda di Acquevenete, dove ricopre ancora la carica di vicepresidente. “Certo - commenta il presidente della società, Piergiorgio Cortelazzo, uno dei pochi ad averlo visto di persona - il cda si riunisce ogni 15 giorni circa e Massimo è stato quasi sempre presente. Partecipa alle discussioni, vota, insomma è attivo. Riferimenti politici? Mai fatti”. Nessun cenno a quello che è avvenuto 8 mesi fa, nessun cenno a quei consiglieri, molti della sua ex maggioranza politica, che hanno firmato per mandare tutti a casa. Nessun riferimento al nuovo sindaco di Rovigo e al nuovo corso della Lega. Vien quasi da porsi il quesito: “Ma è successo davvero?”

Ecco allora la possibile spiegazione alla strategia bergaminiana: far dimenticare tutto del suo passaggio nel piano nobile del Comune di Rovigo. Come se l’unica risposta a tutti questi dubbi fosse: “Bergamin chi?”. Qualunque sindaco, probabilmente, dopo qualche settimana, o qualche mese, dalla sua caduta sentirebbe la necessità di analizzare, spiegare, motivare. Sentirebbe l’esigenza di squadernare tutti i risvolti di quello che in privato ha definito “un tradimento”. Invece niente, la tattica del Berga si basa sulla sottrazione: non ci sono, quindi non ci sono mai stato, quindi non ci sono errori o situazioni da spiegare. Un sillogismo paradossale e che fa da contrappasso al Bergamin sindaco.

Sono passati poco più di 8 mesi da quel 21 febbraio, ma chi non si ricorda del primo sindaco leghista della città? Chi non ricorda che per un periodo Bergamin divenne anche un volto televisivo, conteso dai programmi nazionali per la sua verve polemica e la determinazione nel portare avanti il dogma salviniano del “basta sbarchi”. E le sue ronde per la sicurezza al parco Maddalena, fra le bancarelle della fiera, fra le strutture dell’accoglienza? Chi non ricorda la sua voglia di fare, la sua contrapposizione con gli altri sindaci su rifiuti e acqua, la sua lotta contro i mulini a vento e le invettive contro “governi abusivi”, l’Anci e chi più ne ha più ne metta.

E il suo continuo evocare le ruspe? Per fare questo o quello, per battere il suo primo grande nemico: l’ex biglietteria di piazzale Di Vittorio. Per subire poi la beffa di una demolizione effettivamente avvenuta, ma solo quattro giorni dopo la sua defenestrazione da palazzo Nodari.

E la sua squadra di governo, giunta e maggioranza? Modificata e rimodellata più volte, apparentemente fidata, in realtà con più di qualche corvo e doppiogiochista. Talmente coesa da mandarsi a casa da sola, ripetendo quel che era successo cinque anni prima col sindaco Bruno Piva.

Sono stati giorni pieni, e forse per questo ora il Berga lascia il vuoto. “Dopo di me il diluvio”... In realtà la vita va avanti, e la politica pure.

“Chi l’ha visto?” ovviamente non si occuperà di Bergamin, figuriamoci. Anche a Rovigo i fantasmi sono ben altri, e infatti non si sente alcun rumore di catene che strisciano a terra o porte che cigolano... Ma una domanda risuona nell’aria, ormai nebbiosa, di Rovigo: “Bergamin, se ci sei batti un colpo”.

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