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Il personaggio

Luca, professore a Barcellona col cuore a Canaro

Luca Pelà è ingegnere e docente all’università di Barcellona, ma non dimentica le sue origini polesane

Luca, professore a Barcellona col cuore a Canaro

Luca vive a Barcellona da tanti anni con moglie e figlia, ingegnere è professore all’università della Catalogna. Ma il suo legame con l’Italia, la sua famiglia, il paese di Canaro, non si è mai interrotto.
Lui stesso racconta: “Vivo a Barcellona in pianta stabile dal 2011, quando l’Università politecnica della Catalogna (Upc-BarcelonaTech) mi ha assunto come ricercatore in tecnica delle costruzioni. In precedenza avevo già vissuto a Barcellona per due anni nell’ambito di un’esperienza post-laurea, un dottorato di ricerca internazionale in cotutela tra l’università di Ferrara e l’Upc stessa. Sono professore associato di Tecnica delle Costruzioni dal 2016, e il mese scorso sono stato invitato dal rettore a ricoprire l’incarico di vicerettore per la politica scientifica. Questo ruolo consiste nel promuovere politiche per il conseguimento di maggiori fondi nel campo della ricerca e dell’innovazione per la nostra università, sia a livello nazionale che europeo, dare supporto ai gruppi di ricerca coinvolti nei vari ambiti tecnologici (ingegneria civile e ambientale, industriale, aeronautica, informatica, telecomunicazioni, robotica, bioingegneria), sviluppare misure per l’attrazione di giovani talenti e assicurare condizioni di lavoro ottimali per gli scienziati che svolgono le loro attività di ricerca presso l’Upc”.
Come si vive a Barcellona?
“Mi trovo molto bene a Barcellona. E’ un piacere e un onore per me poter lavorare in una delle migliori università al mondo, un vero riferimento a livello globale nella ricerca e nell’innovazione tecnologica, come dimostrano i ranking attuali (l’Upc si trova alla posizione 23 nel mondo secondo il 2019 Qs World university ranking by subject).
Adoro questa città, la sua apertura al mondo, il contesto multiculturale e dinamico che rappresenta il suo punto di forza per affrontare il futuro. E, perché no, di questa città adoro anche il clima e il mare, per non parlare della cucina. Trattandosi pur sempre di una città di un paese mediterraneo, le abitudini e gli stili di vita sono abbastanza simili ai nostri”.
Si avverte la tensione per le continue richieste autonomiste della Catalogna?
“Per quanto riguarda i recenti fatti politici in Catalogna, il ciclo di proteste (apertosi con la sentenza del processo ai leader indipendentisti per aver celebrato il referendum sull’indipendenza l’1 ottobre 2017) hanno certamente influenzato la vita della città e le attività delle sue istituzioni, università compresa. Si tratta di un problema complesso, e spero che si possa trovare presto una soluzione condivisa”.
Ti manca la tua terra? Senti nostalgia dell’Italia e di Canaro?
“Certamente, la scelta di vivere all’estero è molto impegnativa, e soprattutto è davvero difficile allontanarsi dai propri affetti. Mi manca moltissimo la mia famiglia a Canaro, soprattutto ora che io e mia moglie Chiara abbiamo una bimba, la lontananza si fa sentire eccome. La cosa che mi manca di più è pranzare tutti assieme in famiglia la domenica, dopo aver trascorso la mattina incontrando amici e conoscenti nella piazza del paese”.
Che differenza c’è tra il mondo universitario italiano e quello spagnolo?
“Difficile confrontare il mondo universitario italiano con quello spagnolo, dato che il primo l’ho vissuto da studente, mentre il secondo da ricercatore e docente. Nel frattempo, sono cambiate molte cose, soprattutto in seguito al processo di instaurazione dello Spazio europeo di formazione superiore. Il mio arrivo in Spagna nel 2011, nel bel mezzo della crisi economica, mi ha presentato un sistema universitario altamente produttivo e resiliente, capace di mantenere la sua eccellenza scientifica e di innovazione tecnologica”.
E’ stata dura fare carriera nel mondo accademico di Barcellona?
“Non è stato facile introdurmi nel mondo accademico e diventare professore a Barcellona; arrivare in un grande università comporta molte responsabilità: solamente con il lavoro duro puoi consolidare la tua carriera e raggiungere i risultati richiesti dalla tua istituzione. Sono riuscito a inserirmi in un ambiente stimolante e dinamico con l’opportunità di far parte di un gruppo collaborativo di grandi esperti, che ha saputo assicurarmi un valido supporto nella ricerca e allo stesso tempo libertà intellettuale per poter esplorare studi innovativi nel contesto della mia specializzazione (analisi strutturale delle costruzioni in muratura storiche, combinando tecniche avanzate numeriche e sperimentali).
Immagino che in Spagna tu ti sia ambientato perfettamente.
“Sì, per ora il mio pensiero è quello di svolgere con responsabilità ed entusiasmo il mio incarico attuale. Molti parlano di ‘fuga dei cervelli’, una definizione che non condivido, preferisco piuttosto ‘circolazione di talenti’, dato che gli scienziati italiani all’estero rappresentano comunque una grande risorsa per il nostro paese, costituiscono un network virtuoso che può condurre a interessanti opportunità di sviluppo”.
Quando torni in Italia, a Canaro?
“Le feste principali le trascorro in Italia con la mia famiglia, anche se mi piacerebbe poter tornare più spesso al paese dei miei genitori”.
Tua moglie Chiara è di Canaro come te, ma vostra figlia è nato in Spagna, cosa racconterete a lei del vostro Paese d’origine?
“Nostra figlia Sofia è nata a Barcellona, è italiana all’anagrafe ma a 2 anni e mezzo è già capace di esprimersi in 3 lingue (italiano, spagnolo e catalano), dato che frequenta l’asilo da quando aveva 7 mesi. Utilizza facilmente le tre diverse lingue a seconda del contesto e delle persona a cui si rivolge: in casa, con mia moglie e con me parla in italiano, con i vicini, amici o bimbi al parco parla nella loro lingua, con spontaneità e naturalezza. Sofia adora Canaro, correre in campagna, raccogliere la verdura nell’orto, giocare in giardino mentre facciamo una grigliata con amici o parenti... si tratta di cose semplici che purtroppo in una grande città non te le puoi permettere. Per questo quando torniamo a Canaro le apprezziamo ancora di più”
C’è qualcosa che rimpiangi dei tuoi anni italiani e polesani?
“Ci sono tantissime cose che rimpiango dei miei anni a Canaro, che ho lasciato per fare il mio dottorato di ricerca a Barcellona a 25 anni (ora ne ho 38). Mi mancano moltissimo gli amici, anche se fortunatamente ogni volta che io e mia moglie Chiara torniamo a Canaro è sempre una gran festa e basta un attimo per poter ricreare la stessa atmosfera di anni fa... Mi mancano la vita tranquilla di paese, le relazioni personali e gli incontri con la gente in piazza o per strada, e la partecipazione ai diversi gruppi che ho sempre frequentato a Canaro (scout, calcio, coro, parrocchia, gruppo musicale). Questa componente d’implicazione nel sociale è sempre stata una parte importante, e mi riempie di grande orgoglio ora a Barcellona poter continuare a farlo attraverso un ruolo di responsabilità nell’università. Attraverso la sua attività scientifica e la generazione d’innovazione tecnologica, l’università è una delle istituzioni pubbliche che contribuisce a migliorare il benessere sociale, ad affrontare i problemi della nostra epoca mediante il trasferimento dei risultati della ricerca alla società e a provvedere alla formazione di giovani talenti che costituiranno tecnici preparati ad affrontare le sfide del futuro”.

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