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L’ANNIVERSARIO

38 anni fa, assalto al cuore di Rovigo

Nell’attentato di Prima linea, fra raffiche di mitra e fuga, morì il pensionato Angelo Furlan

38 anni fa, assalto al cuore di Rovigo

Nell’attentato di Prima linea, fra raffiche di mitra e fuga, morì il pensionato Angelo Furlan

L’esplosione fu tremenda. E chi era a Rovigo quel 3 gennaio del 1982 si ricorda ancora benissimo di quando la città fu la notizia d’apertura dei tg nazionali. Un commando terrorista legato a Prima linea e guidato da Sergio Segio, assaltò il carcere di Rovigo per far evadere quattro detenute. Nell’eplosione dell’A112 carica di tritolo morì Angelo Furlan, come ricorda una lapide sul muro del vecchio carcere in via Mazzini.

Sono passati 38 anni da quel giorno, sull’episodio venne anche girato un film, “La prima linea”, con Riccardo Scamarcio, ma quei fatti sono ancora stampati a lettere cubitali nella memoria della città.

L’assalto del 3 gennaio fu un’azione militare in piena regola, con tritolo, raffiche di mitra, conflitto a fuoco. Una delle pagine più clamorose dell’intero periodo degli Anni di piombo, quando il terrorismo, rosso e nero, imperversava sulle strade d’Italia seminando lutti, vittime e una scia di misteri e segreti che non ha ancora trovato soluzione.

Furlan, 64enne falegname in pensione, fu investito dalla deflagrazione dell’autobomba, centrato da un rottame e scaraventato all’ingresso della galleria Pasteur dove il suo cuore cessò di battere. Fu vittima innocente di un’assurda guerra allo Stato, quella che Prima Linea, e le altre sigle del terrorismo, avevano dichiarato alle istituzioni italiane.

Lo scoppio dell’autobomba e la morte di Furlan furono l’inizio di un pomeriggio di guerra.

Il gruppo di fuoco dei Colp di Prima Linea, guidato da Sergio Segio, nei giorni precedenti aveva pianificato l’azione fra Venezia e Rosolina. Per far evadere le terroriste Segio entrò nella breccia, dentro Susanna Ronconi, Federica Meroni, Marina Premoli, Loredana Biancamano, avevano immobilizzato le guardie dopo un segnale convenuto. Fuori i terroristi sparavano sia contro le guardie sul muro sia contro un poliziotto accorso dopo aver sentito gli spari dal cinema Apollo.

A terra 68 bossoli di pistola e fucile. E in più occasioni i partecipanti a quella sparatoria hanno ricordato il fiume di fuoco e proiettili che investì il muro del carcere.

Gli otto “piellini” e le quattro evase scapparono lungo via Gorizia, poi in via Marin dove c’era un furgone lasciato lì per la fuga. In seguito saranno tutti arrestati e processati.

L’azione, ricordò in seguito Marino Siviero, allora guardia penitenziaria, “durò una decina di minuti, brandelli di muro volarono ovunque, un fumo denso alterò la visibilità. Provai a rialzarmi ma la sparatoria riprese intensa”. Sergio Segio entrò nel carcere dalla breccia per liberare Susanna Ronconi e le altre tre detenute. Poi uscirono mentre le armi continuavano a crepitare.

“Il mio collega - disse Marino - che intervenne era distante un centinaio di metri, sul muro di cinta ma dall’altra parte. Pensò che fossi rimasto ucciso. All’inizio non pensai che l’obiettivo dell’attentato fosse l’evasione, ero in servizio al carcere da una ventina di giorni, facevo il servizio di leva. Quando mi spararono contro ritenni che l’obiettivo fossimo noi guardie. In quel periodo non erano rari episodi di attentati contro le forze dell’ordine. Poi quando fu chiaro che erano evase quattro detenute la responsabilità di Prima Linea fu quasi automatica”.

In via Mazzini restarono macerie residui della battaglia. I soccorsi a Furlan si rivelano inutili. Le indagini furono coordinate da Dario Curtarello. Il 28 gennaio a Roma venne arrestato Pietro Mutti, esponente di Prima linea. Decise di collaborare. Nei mesi seguenti le manette si chiusero ai polsi di quasi tutti i componenti del gruppo di fuoco. Un po’ alla volta tutti i tasselli andarono a loro posto, fino al processo celebrato a Rovigo nel 1985.

Si scoprì così che l’idea di colpire il carcere rodigino era nata da Sergio Segio per far evadere la Ronconi. Segio, Forastieri, Schettini e Carfora appartenevano ai Nuclei comunisti, uno dei due tronconi in cui si era divisa Prima Linea. L’altro è il Colp, di cui facevano parte Di Giacomo, Borelli, Avilio e Frassinetti.

Quel giorno a Rovigo scoppiò l’inferno. Negli anni scorsi la figlia di Angelo Furlan, Maria Teresa, da tempo residente a Torino, più volte lamentò che Rovigo si era dimenticata del padre. In città non c’è una via che riporta il suo nome, innocente vittima del terrorismo che voleva colpire al cuore lo Stato.

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Commenti all'articolo

  • adriano tolomio

    05 Gennaio 2020 - 09:41

    Alla fine in effetti fu l'unico che pagò con la vita, del tutto incolpevole.

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