VOCE
TRIBUNALE
30.01.2020 - 19:20
Una serie di testimonianze che, ancora una volta, sembra infliggere duri colpi all’impostazione accusatoria alla base del processo che vede imputato Giovanni Tesoro, ex comandante della polizia locale, a oggi sempre dirigente del Comune, ma destinato ad altro settore. Avrebbe, secondo l’accusa, usato una Fiat Punto del comando per alcuni spostamenti privati e avrebbe fatto uso della macchina per recarsi dall’ufficio alla sua abitazione di Rovigo. I fatti si sarebbero verificati tra marzo e novembre del 2016. Avrebbe, inoltre, apposto la password al telefonino che gli era stato dato in dotazione, per suo uso esclusivo; infine, gli vengono contestate attestazioni non regolari della presenza in servizio.
Ipotesi che, anche oggi, paiono essere state messe seriamente in discussione dalle deposizioni dei testi. La stessa Nicoletta Cittadin, dirigente, chiamata come teste dell’accusa, ha spiegato come per i dirigenti non esista un vero e proprio obbligo di timbratura, dal momento che la loro retribuzione non è legata a un determinato monte ore, bensì al conseguimento di determinati risultati. Ascoltato anche un ispettore in pensione, che ha dichiarato che il comandante era ogni giorno presente negli uffici di viale Oroboni e che, anzi, spesso si tratteneva sino a tarda ora, ben oltre l’orario “d’ufficio” degli altri lavoratori. Il dirigente Michele Cavallaro ha addirittura spiegato come sia assolutamente normale, addirittura previsto dal regolamento, che il dirigente apponga una password al proprio telefonino che gli viene consegnato dall’amministrazione comunale.
Nella giornata era previsto anche l’esame dell’imputato, appunto il dirigente Tesoro, ma la stessa accusa ha deciso di rinunciare a questo passaggio. Ora, si torna in aula il prossimo 12 marzo, quando, perlomeno nelle speranze del Collegio giudicante, si dovrebbe riuscire a terminare l’esame dei testi residui e anche ad andare a discussione e sentenza.
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