VOCE
Gran Bretagna addio
30.01.2020 - 20:52
Polesani nel regno unito nel giorno della Brexit con tanti interrogativi e tante incertezze, soprattutto per il futuro. La Gran Bretagna è arrivata al punto di non ritorno, nel senso che l’uscita dall’Unione Europea, decisa dal popolo britannico anni fa, ora è definitiva, ufficiale, scolpita come un epitaffio sulla partecipazione di Londra alle vicende, economiche, politiche e di movimenti delle persone, di Bruxelles e della Ue. Un D-day alla rovescia (nessuna invasione, ma nessuna liberazione, con il ritiro inglese dal continente) che riserva punti di domanda su tanti aspetti sociali e politici. Compresi quelli che riguardano migrazioni di lavoratori ed economia.
Tantissimi i giovani, anche polesani, che negli ultimi anni avevano scelto città inglesi per esperienze lavorative, per cercare di affinare la lingua di Sua maestà guadagnando qualche soldo con lavori anche umili. Ma il futuro?
“Ci sono tante incertezze - dice Siro Descrovi, rodigino che da alcuni anni lavora come consulente di marketing in un gruppo internazionale con sede a Londra - non tanto per i lavoratori come me, strutturati e con gruppi consolidati alle spalle che si occupano di aspetti formali e burocratici, ma soprattutto per tutti quei lavoratori che sceglievano Londra per esperienze professionali anche di pochi anni o pochi mesi. Certo la Brexit è stata definita ormai da alcuni anni, ed ora le ripercussioni immediate non dovrebbero essere troppo pesanti, ma quello che succederà nei prossimi anni nessuno lo sa”. Siro, poi, ammette che “In molti casi gli inglesi non nutrivano particolari legami con la Ue, molti di loro hanno sempre sostenuto si sentirsi prima di tutto appartenenti al Regno unito, poi al Commonwealth, e solo in ultima istanza all’Europa. Molti ragazzi che conosco e che lavorano qua in Inghilterra, adesso, nutrono speranze di tornare in Italia”.
Ci è arrivato due anni fa e a soli 19 anni ha tanto entusiasmo verso il sistema britannico Luca Merlo, che ha frequentato l’Enaip di Rovigo e dopo qualche giorno a Londra ha trovato un posto al McDonald’s. “La Brexit è cosa fatta. Per noi che ci siamo trasferiti qui da più di un anno non cambia molto perché siamo residenti qui pagando le tasse. Alle persone che vivono qui da 3/5 anni danno un seattlement invece alle persone che non hanno compiuto i 6 mesi hanno offerto una pre richiesta di ‘seattlement’ (una sorta di richiesta di permesso di soggiorno ndr). Credo che da domani, chi vorrà venire avrà bisogno di più carte da compilare”.
Sulla Brexit per Luca ci sono due fazioni in Uk: “I puri inglesi nati e cresciuti con la famiglia qui la vogliono subito e vorrebbero disfarsi di tutti gli immigrati, noi invece pensiamo che ci sono molte etnie e immigrati che servono il Regno Unito lavori che inglesi non sarebbero disposti a fare”.
Stefano Quintavalle, che a Londra ci lavora ormai da quasi un decennio nel campo della ingegneria civile, vive con la compagna e due bimbi, non ha trovato alcun cambiamento significativo in questi mesi. “Domani sera (questa sera ndr) l’Uk uscirà dall’Unione europea ma ci sarà un periodo di transizione di 11 mesi - le parole di Stefano - in questo senso né per noi né per chi volesse venire qui, cambierà niente. Solo dopo che effettivamente sarà fuori completamente dalla Ue, ci saranno cambiamenti. Ma mi sembra difficile che possano trovare accordi in questo periodo, prevedo una proroga a fine anno”. “L’unico cambiamento reale è a livello governativo, dopo il plebiscito ottenuto alle recenti elezioni - riflette Stefano - la maggioranza è solida e le decisioni vengono prese senza i compromessi di prima. Anche a livello di sviluppo, ce ne stiamo accorgendo con progetti e lavori che viaggiano più spediti”. “Diciamo che il clima politico è diverso, per le decisioni di politica interna ed estera - conclude Stefano - però di Brexit, ormai, la gente non ne parla più così tanto. Sembra quasi l’abbia data per scontata, dopo che è rimasta nell’aria così tanto. E finché non sarà effettiva, l’inglese non affronterà il problema”.
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