VOCE
SAN VALENTINO DI SANGUE
17.02.2020 - 22:08
Nessun dubbio sulla ricostruzione dell’omicidio-suicidio. In corso le formalità conclusive
Di dubbi, non ce ne sono. Tanto la Procura quanto gli investigatori della squadra mobile sono convinti che la tragedia che, nella mattinata di San Valentino, ha scosso la Commenda, sia un omicidio suicidio.
Tino Bellinello, 87 anni, avrebbe impugnato la pistola Beretta calibro 7,65 millimetri, che deteneva regolarmente, la avrebbe puntata alla testa della moglie Renata Berto, 78 anni, e avrebbe fatto fuoco, uccidendola. Poi, si sarebbe sparato, sempre alla testa. Sopravvissuto sul momento, si sarebbe poi spento verso le 16.20 all’ospedale di Rovigo, dove era stato portato dal Suem, senza che, concretamente, vi fossero mai state grandi speranze di poterlo sottrarre alla morte.
Teatro dei fatti, la casa della coppia, al civico 45 di viale Gramsci.
Sin dal primo, accurato sopralluogo della polizia scientifica, è stata questa la versione privilegiata, via via confortata dalle evidenze che si accumulavano.
Complice anche una lettera, lasciata in casa in bella vista, scritta a mano, in stampatello, apparentemente da una unica persona, ma con in calce i nomi di entrambi, Tino e Renata. In quella missiva, marito e moglie avrebbero espresso la volontà di farla finita, per non soffrire più.
Un messaggio che ha sconvolto anche i familiari che, unitissimi ai genitori, li frequentavano e, al di là di qualche acciacco per l’età, non avevano mai avuto alcune sentore di uno stato d’animo che potesse condurre a un esito tanto grave. Certo, Tino era seguito per una forma di depressione, Renata di recente aveva avuto qualche problema di salute, ma non appariva davvero nulla che non fosse recuperabile.
Il sopralluogo del medico legale, unito a quello della polizia scientifica e del magistrato, ha spinto a non ritenere necessaria neppure l’autopsia, essendo piuttosto chiara la dinamica dei fatti.
Dal punto di vista investigativo, resta davvero poco da fare: una volta che anche colui che avrebbe impugnato l’arma e fatto fuoco è morto, diventa secondario, anzi, addirittura inutile, anche cercare di capire se davvero i due anziani fossero d’accordo nel compiere questo gesto estremo, come la comunicazione lascia intendere.
Ora, si attendono le ultime formalità, tra le quali anche un esame del corpo di Tino, non esaminato sul posto, in quanto portato in ospedale ancora in vita, prima di chiudere la vicenda una volta per tutte.
In Commenda, ma anche in città, ci sono centinaia di persone che desiderano dare l’ultimo saluto alla coppia, notissima. Tino, ex campione di ciclismo, aveva gestito per anni il distributore Shell di fronte all’hotel Cristallo, mentre Renata aveva condotto la lavanderia che si trovava sotto la sua abitazione, al civico 45 di viale Gramsci, nel cuore della Commenda.
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