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LA STORIA

Vita da segregati in casa: “A Vo’ ci ha salvato la solidarietà”

La giovane sarà tra gli ultimi a fare il test. “La cosa positiva? Riscoprire il tempo insieme ai miei”

Vita da segregati in casa: “A Vo’ ci ha salvato la solidarietà”

La giovane sarà tra gli ultimi a fare il test. “La cosa positiva? Riscoprire il tempo insieme ai miei”

Piazze deserte, strade desolate e tutti gli accessi al paese presidiati dalle forze dell’ordine e dai militari dell’esercito. Gaia Mutta, 19enne di Vo’ Euganeo sta vivendo da una settimana segregata a casa, sbirciando dalla finestra, avventurandosi, magari in una passeggiata, lontano da potenziali contagiati e aspettando di sottoporsi al tampone che tante polemiche ha suscitato. Un paese di tremila anime messo a dura prova.

Vo’, infatti, è presidiato dall’esercito e gli accessi sono chiusi, anche se, chi conosce bene il territorio, sa che dalle campagne si può arrivare ugualmente.

“Tutto è iniziato venerdì sera - racconta Gaia che studia all’Istituto Socio Sanitario di Este - io mi trovavo fuori dal paese e nel giro di pochi minuti sono stata tempestata da chiamate di amici e parenti che mi informavano della notizia che un focolaio di Coronavirus era stato trovato a Vo’ Euganeo. Mi sono subito precipitata a casa perché sapevo che di lì a poco avrebbero chiuso le strade d’accesso. In famiglia ci siamo molto spaventati perché mia madre era ammalata quel giorno quindi abbiamo subito pensato al peggio, che fosse il virus”.

La confusione, la paura, il timore di perdere il bene più prezioso, la salute e la vita, sono sensazioni che Gaia ha provato sulla sua pelle: “In un primo momento eravamo molto confusi perché non avevamo idea di cosa stesse succedendo, le strade in realtà sono state chiuse completamente solo qualche giorno fa ma in paese si può accedere anche attraverso la campagna che è molto vasta. Dovevano essere fatti mille tamponi al giorno in modo da finire in poco tempo ma purtroppo ne sono arrivati solo 250. Io ad esempio sarò una tra le ultime a sottopormi”.

La procedura prevede che “se entro le sedici del giorno dopo non ti contattano significa che il risultato è negativo, se invece vieni contattato ti richiamano per fare il secondo tampone”.

Con il passare dei giorni, però, il panico è diminuito: “Oggi in giro c’erano molte più persone rispetto ai giorni scorsi. I supermercati aprono alternandosi tra di loro così come fanno le botteghe. Da quello che so ai varchi lasciano passare i camion dei fornitori. Una cosa molto positiva è il volontariato tra i cittadini, molti si sono messi a disposizione per aiutare i più anziani e chi ha un’attività commerciale”.

In questa situazione così delicata i social possono essere d’aiuto e la piazza diventa più che mai virtuale: “Restiamo aggiornati grazie al gruppo facebook del paese anche se a volte risulta più una complicazione che altro perché c’è molta confusione. Una costante è la disinformazione, penso agli anziani che non sanno usare la tecnologia, c’è il rischio che restino isolati e se non hanno parenti che li avvisano che ignorano del tutto di dover fare il tampone. Nonostante questa brutta situazione credo anche che il fatto di essere chiusi in casa ha permesso a me e ai miei famigliari di trascorrere maggior tempo insieme e riscoprire il piacere di stare a casa, cosa che avevo perso con mio padre visto che è sempre molto impegnato con il lavoro. Anche intorno al lavoro c’è molta confusione perché non si è capito bene in che modo verranno giustificati i lavoratori impossibilitati a recarsi sul luogo di lavoro, alle attività commerciali chiuse è stato detto che verranno risarcite ma non si sa ancora né da chi né come”.

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