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La storia

Prigioniero della guerra di Erdogan

Andato in bici in Turchia dall'Italia, non riusciva a tornare in aereo per l'allarme Coronavirus, è bloccato al confine greco

Prigioniero della guerra di Erdogan

Era partito in bicicletta dal Polesine lo scorso 13 gennaio per raggiungere Istanbul. Lui si chiama Riccardo Crivellin, 42 anni, di Gavello, volontario discontinuo dei vigili del fuoco di Rovigo che aveva deciso di partire dal suo paese per raggiungere la Turchia attraversando tutti i Balcani. Dopo diverse peripezie è riuscito a raggiungere il traguardo, con oltre 2.500 chilometri di pedalate tra salite, discese, boschi, attraversando campi minati, e toccando, nell’ordine, Lubiana, Zara, la Bosnia, la Croazia, l’isola di Pag, Rijeka, il Kosovo, l’Albania, e la Grecia. Giunto in Turchia, il problema è però quello del rientro in Italia.

Gli aerei con rotta diretta per l’Italia sono stati cancellati a causa del coronavirus - spiega lo stesso Riccardo raggiunto telefonicamente - quindi dovevo prendere un volo per la Germania e poi un altro verso l’Italia, ma visto il carico della bici e delle borse, la cifra era davvero molto alta. Mi sono informato anche per il traghetto, ma volevano una prenotazione anticipata e altre storie burocratiche da sbrigare. A quel punto ho deciso di ritornare a casa in bici”.

Ma i problemi per Riccardo non finiti. “Adesso mi trovo a Edirne, nella punta nord occidentale della Turchia. Qualche giorno fa Erdogan ha smesso di fermare i profughi ai confini con Grecia e Bulgaria e la Grecia, in tutta risposta, ha chiuso il confine e vi ha messo a presidio esercito e polizia. Chi prova a passare riceve, nel migliore dei casi, manganellate. Non mi sono avvicinato troppo al confine perché un poliziotto turco mi ha fatto cenno di allontanarmi. Non sono neanche stato lì a spiegare che non sono un rifugiato, perché se nomino la parola ‘Italia’ vedo una strana espressione nel volto delle persone. Mi sono allontanato e sono rientrato in ostello, che è pieno di rifugiati iracheni, ex benestanti che qui possono permettersi di pagare circa 7 euro a notte, alcuni vivono in Turchia da due anni, ma qui sono come in un limbo, non possono accedere a lavori dignitosi ne pensare di fermarsi stabilmente”.

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