VOCE
L'ultimo saluto
31.03.2020 - 19:39
Se è difficile parlare della morte nel mondo cristiano, in un periodo, questo che stiamo vivendo, in cui l’emergenza sanitaria dovuta all’espandersi del Coronavirus ha frantumato ogni singolo rapporto umano e sociale, lo è ancor di più se ci si prova a confrontare con il mondo islamico. Ma è evidente che, davanti a un lutto, di fronte a una persona cara che muore, garantirgli una degna sepoltura oggi è un compito ancor più arduo per una persona di fede musulmana, poiché rigide sono le regole da rispettare, figlie di tradizioni millenarie.
Hamdi Rachid, imam della comunità islamica di Adria, spiega quale sofferenza stanno vivendo le famiglie marocchine che abbiano perso un loro parente in questo periodo. Proprio per la complessità del rito funebre, i funerali, di solito, vengono celebrati in patria, la salma viene spedita dall’Italia nel paese d’origine. Non sono, infatti, molti i cimiteri islamici in Italia.
“In questo periodo sto parlando anche con altre associazioni visto che non è possibile portare le salme in Marocco - spiega Rachid - ci sono due cimiteri islamici qui vicino, a Padova e a Marghera, ma la legge vieta la sepoltura fuori dalla propria provincia. Anche se, fortunatamente, in questo momento di emergenza sanitaria c’è stata una deroga. Ma non ci sono tanti posti, purtroppo”. “Per quanto riguarda il rito funebre, ci è ovviamente proibito, nel caso il defunto sia morto per il Coronavirus, poterlo lavare - spiega - per fortuna nella nostra zona non c’è stato alcun caso. Ci è permesso, invece, lavarlo, se non è contagiato, come si fa normalmente. Ma il fatto che manchi un cimitero islamico in provincia di Rovigo, è un problema per noi. Stiamo cercando altri cimiteri e come confederazione islamica proviamo a capire se sia possibile averne almeno uno per provincia”.
Tra le varie soluzioni che si cerca di percorrere, c’è quella di sistemare il defunto in una bara di legno all’interno di una d’acciaio, e lasciarlo in un loculo nei cimiteri cristiani fino a quando l’emergenza sarà terminata e, quindi, sarà possibile il trasferimento nel paese d’origine. “Una impresa funebre del Marocco ha intrapreso questa strada, ma i costi sono molto elevati, soprattutto per il loculo - spiega Rachid - per questo ci sono ancora molti nostri defunti che sono nei frigo degli ospedali. Una situazione davvero drammatica per le famiglie”. Famiglie che, inoltre, non possono radunarsi per pregare per i loro cari. “Solo due o tre persone al massimo lo possono fare - ricorda Rachid - di solito lo facevamo nella sede dell’associazione, o nella camera mortuaria. Adesso in cimitero”.
E come succede ai cristiani, con la sospensione di tutte le messe e cerimonie religiose, lo stesso è valso per i musulmani. “Tutte le nostre abitudini sono cambiate - spiega l’imam adriese - preghiamo a casa, anche il venerdì, giorno in cui ci si trovava tutti insieme. E il 24 aprile, quando inizierà il Ramadan, se ci sarà in vigore ancora questo blocco, ognuno pregherà a casa in famiglia”. “Fra l’altro la nostra religione non ci consente di pregare in videochiamata - aggiunge - e da febbraio, dalla chiusura della sede dell’associazione, ognuno ha pregato coi propri familiari. Invece è proseguito l’insegnamento della lingua araba ai nostri bambini attraverso Zoom o Skype, ogni domenica dalle 10.30 alle 13”.
Intanto la comunità islamica non rimane con le mani in mano, anzi. “Stiamo promuovendo tra noi una raccolta fondi che destineremo al Comune di Adria per l’emergenza Covid-19 - fa sapere Rachid - un aiuto da parte della comunità musulmana perché siamo italiani, i nostri figli sono nati in Italia e vogliamo fare la nostra parte”.
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