VOCE
L'INTERVISTA
03.04.2020 - 18:21
L’agroalimentare settore trainante a Rovigo, la capacità di resilienza dei polesani, ovvero di resistere nei momenti di difficoltà, che si accompagna, tuttavia a una lentezza nella ripresa. Primo Vitaliano Bressanin, presidente di Interporto e membro della Camera di Commercio di Venezia e Rovigo, conosce pregi e difetti della sua terra e trova tuttavia che nei piccoli numeri si potrà riuscire a crescere di più, in percentuale, superata l’emergenza del coronavirus.
Ma non sono tutte rose e fiori: “Il problema è legato soprattutto alla produzione e al commercio. Il mio augurio - dichiara Bressanin - è che il sistema produttivo riparta nel più breve tempo possibile. Le aziende devono essere messe in grado di produrre. Non è solo questione di lavoro e di fatturato, ma anche di gettito fiscale, di risorse per il tessuto amministrativo. In questo momento ad esempio, ci sono tante aziende che producono e che continuano ad esportare. Noi all’Interporto con il settore agroalimentare stiamo lavorando, ma ci sono aziende di impiantistica che non sanno come muoversi e l’edilizia è ferma”.
Passata, dunque, la fase degli ammortizzatori, dell’emergenza, bisognerà studiare soluzioni che tengano conto di un puzzle davvero complesso. “E’ una catena - semplifica Bressanin - nella quale non può sfuggire alcun passaggio, perché si inceppa tutto il sistema Italia. Faccio un esempio: perché fermare il distretto della giostra? Chi può partire deve essere messo nelle condizioni di lavorare”.
Anche per Bressanin, come per Fedalto il problema più grande sarà legato al commercio. “Alla riapertura il 30% degli esercizi commerciali e dei servizi non saranno più in grado di alzare le saracinesche. L’importante è che lo stato faccia un calcolo serio di cosa è necessario per evitare il collasso”. E il governo centrale, con il suo apparato, non sta dimostrando lungimiranza. “Con i 600 euro dell’Inps abbiamo assistito all’impreparazione assoluta. E questo è grave. Perché un’azienda può essere florida, avere fatturato, ma se non c’è organizzazione e preparazione interna, capacità di analisi, è destinata al collasso”.
Quindi già oggi bisogna ragionare sulle risorse da impiegare: “Rispetto all’Europa, l’Italia deve essere in grado di avere risorse a fondo perduto, da restituire in 30-40 anni, siamo al livello della prima guerra mondiale. Bisognerà rinegoziare i mutui e spostarli da 15 anni a 20-25 anni, per mettere le aziende nelle condizioni di lavorare, in modo da cominciare a produrre reddito. Si dovrebbe anche intervenire con una flat tax”. Detta in sintesi: “Ci vuole un reset, partiamo da zero, ma ci vogliono le risorse”.
L'intervista completa sulla Voce in edicola sabato 4 aprile.
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