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CORONAVIRUS IN POLESINE

Polesani ligi alle regole, e la nostra provincia è la meno contagiata

Lo afferma il Servizio di Igiene e sanità pubblica dell'Ulss 5, tra i primi ad organizzarsi con l'isolamento e la sorveglianza attiva

La nostra provincia continua a dimostrarsi la meno colpita dal coronavirus in tutta la regione. Lo dicono chiaramente i numeri. Eppure siamo notoriamente un popolo di anziani. Questione di fortuna o, forse, di eccellenza? Eccellenza non solo del Servizio di Igiene e sanità pubblica della nostra Ulss che, nonostante le critiche ricevute in prima battuta, ha saputo organizzarsi e isolare “il problema” prima di altri, ma anche della grande collaborazione con le istituzioni del territorio, come i sindaci, dal primo momento in prima linea nella gestione dell’emergenza, le forze dell’ordine sulle strade da settimane per garantire il rispetto delle regole e, facciamoci i complimenti anche noi, che questa volta sono dovuti, perché conta anche il fatto che i polesani si siano, da subito - tranne poche eccezioni che confermano la regola - dimostrati ligi al dovere.

Ma se da un lato la fatica fatta è stata premiata dal basso indice di contagio, il minore della regione, dall’altro, purtroppo, dobbiamo prendere atto che la lotta contro il virus non è finita. Anzi, ora si apre una fase ancora più difficile, se possibile. Lo spiegano bene Andrea Formaglio, dirigente medico del Servizio di Igiene e sanità pubblica e la coordinatrice delle assistenti sanitarie del Sisp, Antonella Gennaro. “Dobbiamo fare i complimenti ai polesani che si sono dimostrati estremamente rispettosi delle regole ma ora, più di prima, dobbiamo chiedere maggior collaborazione a tutti - spiegano - Il contributo del singolo cittadino nella seconda fase sarà fondamentale. Serve un profondo senso civico ma non solo nei confronti della società, del civismo, ma anche per i nostri genitori, per i nostri nonni, per le nostre famiglie. Perché quando si potrà uscire di casa, sarà solo il rispetto delle regole a garantire che il contagio non si espanda. Perché noi facciamo prevenzione, noi cerchiamo di spegnare i focolai ma una volta che il fuoco si è acceso il danno è già fatto. Mettete le mascherine e rispettate le prescrizioni. Fatelo per le vostre famiglie, per i vostri anziani perché questo virus, per loro, è letale”.


Il Polesine è stato colpito meno dal virus. Dicevamo, questione di fortuna? “No, sono un uomo di scienza e non ci credo - commenta il dottor Formaglio - Abbiamo fatto un lavoro eccellente in collaborazione con il territorio. Prima di tutto siamo stati tra i primi a mettere in isolamento i cinesi di ritorno dalla Cina e dobbiamo ringraziarli perché abbiamo avuto la piena collaborazione. E poi siamo stati i primi e forse gli unici a riuscire ad isolare subito i casi provenienti da Vo’ e Schiavonia. Ancora quando l’isolamento era solo fiduciario, e non obbligatorio, abbiamo isolato quattrocento persone, contatti di quei focolai. Ora tutti i casi che abbiamo, al di là dei nostri piccoli focolai che sono normale conseguenza di ogni epidemia, sono l’onda d’urto delle province vicine, casi di lavoratori che hanno contratto il virus fuori dal territorio polesano. Diciamo casi d’importazione”.

Qualcuno ha detto che in Polesine sarebbero stati fatti meno tamponi. “Non è assolutamente vero, siamo in linea con il numero di tamponi effettuati nelle altre province del veneto in proporzione alla popolazione. Ora, tra l’altro, siamo riusciti ad ottenere la piena efficienza anche delle analisi a Trecenta, quindi abbiamo la possibilità di processare ‘in casa’ anche 400 tamponi al giorno. Da soli. Ora stiamo procedendo con lo screening alle categorie a rischio per esposizione come medici di medicina generale e della continuità assistenziale, farmacisti, forze dell’ordine, volontari della protezione civile, così come procediamo allo screening degli ospiti delle strutture residenziali extraospedaliere. E poi stiamo facendo i tamponi per contatto, ovvero di coloro che entrano nella rete di sorveglianza attiva”.

Ora esiste anche una sorta di “hotel” per i positivi, all’ospedale di Trecenta. “Sì, noi stiamo proponendo alle persone di passare l’isolamento lì, ma non viene accolto positivamente. Hanno tutti paura si lasciare il nucleo familiare. Le persone sono terrorizzate da questo virus. E’ visto come un mostro, una malattia misconosciuta, le persone hanno paura di lasciare casa per paura di non tornarci più. E lo capisco. Ora è importante che la gente capisca che non è finita. Siamo riusciti ad arginare la prima ondata, ma ora è importante non rilassarsi troppo e continuare a rispettare le regole”.

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