VOCE
IL CASO
06.05.2020 - 20:54
Il possibile trasferimento del gigante svedese è il prezzo di oltre un decennio di immobilismo
Il rischio più grande è che quel grande lotto di terreno ora venga frazionato e messo in vendita, alle condizioni - legittime - del proprietario, bypassando ogni possibilità di indirizzo da parte dei Comuni. E’ il prezzo dell’immobilismo a cui, per 15 anni, Ikea è rimasta incatenata senza riuscire a divincolarsi.
Fino (forse) a dire basta. Perché al momento non c’è niente di ufficiale, niente di messo nero su bianco. Ma i bene informati assicurano che il colosso svedese abbia ormai deciso: addio Arquà Polesine, il grande magazzino da (almeno) 400 posti di lavoro potrebbe essere realizzato 12 chilometri più in là, tra San Bellino e Castelguglielmo, di fianco ai “cugini” di Amazon, e in accordo con questi ultimi. Un’idea - quella di un enorme polo logistico lungo la Transpolesana - che sarebbe allo studio, e che significherebbe, per Ikea, abbandonare la macroarea tra Arquà e Villamarzana su cui, ormai 15 anni fa, aveva investito qualcosa come 16 milioni di euro.
Qui, dalla parte di Arquà della macroarea, Ikea ha comperato un terreno lungo un chilometro, per 375mila metri quadrati totali. Di cui ora rischia di non farsene più niente, se non cercare di incassare il più possibile per rientrare dall’investimento (magari con gli interessi, visto il tempo trascorso). E allora, l’unico modo è quello di dividere quel lotto immenso in più porzioni, da vendere singolarmente. Mini appezzamenti che, ovviamente, non produrrebbero lo stesso valore aggiunto che avrebbe portato Ikea, né in termini di posti di lavoro né di sviluppo.
E tutto per colpa dei ritardi... Il Comune di Arquà, per anni, non ha provveduto ad eseguire i lavori previsti per completare la macroarea, e ha tenuto ingessato l’investimento miliardario della multinazionale.
Intanto, la macroarea vive altre vicissitudini. La convenzione, firmata lo scorso anno grazie all’interessamento di Confindustria, desiderosa di veder finalmente decollare quell’investimento, è di fatto decaduta: doveva essere attuata dal consorzio Zip di Padova, che ora è in liquidazione. Ne prenderà il posto proprio il Centro Servizi di Confindustria Venezia-Rovigo. Ma quello che è certo è che il bacino di laminazione, previsto dall’accordo e per il quale (oltre che per altri lavori, tra asfalti e manutenzioni) erano stanziati 800mila euro, non si farà. A quanto pare, infatti, le pompe di sollevamento che prima non andavano bene ora risulterebbero sufficienti, e ci si atterrà dunque al piano di sicurezza idraulica redatto nella notte dei tempi per la allora I3.
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