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La storia

Alla ricerca della bimba sfollata

Appello di un riminese: “Dopo l’alluvione del ‘51 l’ospitammo da noi. Qualcuno la riconosce?”

Alla ricerca della bimba sfollata

La fotografia in bianco e nero ritrae la bambina in sella ad una bicicletta, con il vestito della domenica e lo sguardo sbarazzino. Accanto a lei Giuseppe, Lina e il piccolo Gianfranco, la famiglia di Rimini che dopo la disastrosa alluvione che ha allagato il Polesine nel 1951 ha ospitato la ragazzina per alcuni mesi. Lei sfollata come tanti altri polesani.

E quella foto qualche giorno fa è capitata fra le mani di Gianfranco Pacassoni, ora 73enne, rimettendo in circolo memoria e nostalgia. E il desiderio di rintracciare quella bambina polesana, o la sua famiglia, per poter riannodare i fili del ricordo. L’appello, già divulgato sul Corriere di Romagna, ora arriva anche in Polesine, per sapere “come è stata la vita di quella bambina che la mia famiglia ha accolto 69 anni fa”.

Pacassoni, geometra riminese, ricorda che “quella ragazzina era un poco più grande di me, io avevo solo 4 anni. So che era polesana perché in seguito mia mamma mi disse così. Io però non approfondii, si tratta di avvenimenti lontani. Ricordo che si trattava di una bambina gioiosa, con lo sguardo vispo. Mi pare anche che non fosse abituata alla grande povertà che allora c’era dalle nostre parti, da quel che mi raccontò mia madre non era abituata a non avere i servizi igienici in casa. Noi invece facevamo il bagno nel ‘mastello’. Qualcuno direbbe che forse era un pochino schizzinosa, ma forse era solo spaesata per essersi ritrovata a parecchi chilometri da casa sua. Vorrei tanto conoscerla, oppure conoscere la sua famiglia, se ha avuto figli”.
Gianfranco ricorda che la piccola polesana arrivò a Rimini dopo il novembre del ‘51 grazie ad una iniziativa di solidarietà gestita dal partito Comunista, “Non era la prima volta - spiega - che la mia famiglia ospitava persone in difficoltà e bisognose di aiuto. Non avevamo tanto, mio padre faceva il muratore, mia madre casalinga, avevamo un po’ di terra e una mucca. Ma tanta disponibilità verso gli altri”.

La bambina dal vestitino bianco, i capelli scuri e le mani salde sul manubrio nella foto ricordo, rimase a Casalecchio di Rimini alcuni mesi, “poi di lei non sapemmo più nulla. Erano anni in cui le comunicazioni non erano immediate, e anche una distanza di poche centinaia di chilometri poteva sembrare inaffrontabile”. Quei giorni in seguito si persero nel corso frenetico della vita, quelle immagini sbiadirono come un vecchio bianco e nero. Tre anni fa la mamma di Gianfranco, Lina Bigucci, si spense. Pochi giorni fa il geometra riminese mettendo ordine fra le vecchi cose ha recuperato una vecchia scatola piena di fotografie, tra cui quella della piccola sfollata polesana. “Chi sa qualcosa mi aiuti - l’appello di Gianfranco - a rintracciare quella ragazzina. Sarebbe anche un modo per tornare agli anni della mia giovinezza e per far rivivere quel gesto dei miei genitori. A mia mamma sarebbe piaciuto così”.

L’alluvione del 14 novembre 1951 allagò gran parte del Polesine, circa 1.170 chilometri quadrati, provocando un centinaio di morti. Si calcola che gli sfollati furono circa 180mila, diretti in gran parte delle città del Nord Italia, tanti anche in Romagna. Molti di questi polesani sfollati non tornarono più in provincia di Rovigo, stabilendosi definitivamente nei territori che li avevano accolti.
Ma la storia della bambina accolta a Casalecchio di Rimini ha un finale ancora da scrivere.

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