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POPOLAZIONE

Oltre 19mila anziani polesani vivono soli

A tenere alta l’attenzione sul problema sono i sindacati dei pensionati veneti, Spi-Cgil, Fnp-Cisl, Uilp-Uil, assieme alle associazioni di volontariato Auser, Anteas e Ada

Oltre 19mila anziani polesani vivono soli

Un polesano su quattro ha più di 65 anni. Sono 61.620 gli anziani residenti nella nostra provincia, e di questi ben 19.389 vivono da soli. Numeri decisamente più alti della media regionale. In Veneto, infatti, gli anziani costituiscono il 22,6% della popolazione. In Polesine arriviamo al 26,4%: peggio fa soltanto Belluno, con il 26,8%. Ma il dato allarmante è relativo alla solitudine: da noi, gli anziani che vivono da soli sono il 6.8% della popolazione complessiva. Parliamo di 3.489 persone soltanto in città, e di altre 15.900 nel resto della provincia. Numeri allarmanti, anche in considerazione dell’emergenza che stiamo vivendo e dei conseguenti problemi sociali.

A tenere alta l’attenzione sul problema sono i sindacati dei pensionati veneti, Spi-Cgil, Fnp-Cisl, Uilp-Uil, assieme alle associazioni di volontariato Auser, Anteas e Ada, i quali chiedono “con forza che la Regione convochi la consulta della terza età, come previsto dalla legge regionale sull’invecchiamento attivo, anche per fare il punto sulla destinazione del milione di euro annuali con cui si finanziano i progetti”.

La riunione, infatti, non si riunisce dal maggio del 2019. E proprio in considerazione di questo “ritardo” e delle tante questioni che si sono aperte per l’emergenza coronavirus, sindacati e associazioni insistono. “La pandemia e le morti degli anziani e delle anziane doveva indurre la convocazione cella consulta, che si poteva svolgere via web. Abbiamo bisogno di avere la certezza che la legge sull'invecchiamento attivo diventerà il caposaldo fondamentale per rendere efficace la prevenzione sanitaria e l'inclusione sociale nell'anzianità e modificare quella cultura che vede l'età avanzata come residuale. Abbiamo sempre detto che i fondi stanziati dalla Regione per questo progetto, un milione di euro l’anno, erano un buon inizio ma dovevano essere aumentati e diventare strutturali. Ancor più lo pensiamo adesso oltre a rilevare la necessità di una rinnovata condivisione progettuale per affrontare le criticità già presenti a cui si aggiungono le nuove”.

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