VOCE
IL CASO
11.08.2020 - 22:50
Il vicegovernatore: “Non ne sapevo nulla”. Il commissario veneto: “Questione di immagine”
Il governatore Luca Zaia mantiene la parola data pubblicamente ieri e non ricandida i tre leghisti veneti, tra cui il suo vice, Gianluca Forcolin, che hanno fatto richiesta per il bonus delle partite Iva da 600 euro.
Niente da fare, per il governatore non sono più candidabili. “Fosse per me non li candiderei - aveva detto a caldo - Non esprimo giudizi perché ognuno avrà la sua giustificazione, le sue motivazioni. Ci mettiamo poco a fare una sorta di ‘me too’ al contrario. Sospensione e perdita del treno candidature. Se fosse per me quella persona non la candiderei”.
Lorenzo Fontana, commissario della Lega in Veneto e deputato, ex ministro nel primo governo Conte è tra i più severi e conferma la linea dura: “Dovremo parlarne al nostro direttivo e già ne ho parlato con Matteo Salvini: l’orientamento è quello di non mettere in lista chi ha chiesto il bonus Covid”.
E continua: “Hanno fatto una grandissima sciocchezza”. Per la Lega è un notevole smacco all’immagine del partito: “Chi lo dice alla mia barista? Quella ragazza lavora da quando aveva 17 anni e per tre mesi è rimasta senza stipendio. Il bonus doveva andare a persone come lei, non a politici che percepiscono migliaia di euro”.
Forcolin, che ha deleghe pesanti in Regione, come il Bilancio e i Tributi, oltre a essere il vice di Luca Zaia, ha tentato di spiegare che non ne sapeva nulla: “Sono socio in uno studio di tributaristi. Quando è esplosa la questione del bonus, in queste ore, ho verificato con la mia socia che, senza che lo sapessi, ha presentato domanda per tutti dove possibile. Avevamo sette dipendenti in cassa integrazione. Il dato di fatto, però, è che io non ho visto un centesimo. Lo sottoscrivo col sangue. La domanda non è stata accettata. Non è arrivato mai nulla. La richiesta rispondeva a ogni criterio di legittimità e quei 600 euro, fossero arrivati, sarebbero rimasti nelle casse dello studio”.
Riccardo Barbisan, trevigiano, aveva già pubblicato un bilancio del suo mandato da consigliere regionale, per far sapere in cosa più si era impegnato in questi 5 anni. Alessandro Montagnoli, invece, ha raccontato che il bonus richiesto lo voleva devolvere in beneficenza alla Protezione Civile. Il veronese di Isola della Scala, 47 anni, ha affidato la sua arringa a un post su Facebook: “Durante l’emergenza coronavirus in forma anonima ho aiutato delle realtà sociali impegnate nella sanità del territorio. Quando è uscito il decreto Cura Italia, che riguardava tutti i lavoratori autonomi, ho deciso con mia moglie di richiedere il bonus con l’intento fin da subito di devolverli per l’emergenza covid e a chi lavora nella protezione civile. Ho sbagliato: con il senno di poi ho fatto una leggerezza, ma in buona fede. Questi soldi ero sicuro sarebbero stati spesi bene, dal territorio per il nostro territorio”.
Poi va di dietrologia. “Lasciatemi però dire una cosa. Nessuno mi toglie dalla testa che la vicenda Inps sia stata montata a livello mediatico con un obiettivo: spostare l’attenzione da una gestione fallimentare dell’emergenza a livello governativo. Il mio pensiero va ora anche a tutti quei sindaci e consiglieri comunali sotto attacco per la strumentale fuga di notizia dell’Inps. Certo della mia buona fede, di aver agito con onestà e nel rispetto delle regole vado avanti a testa alta nel mio impegno verso i cittadini. Come sempre”.
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