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CORONAVIRUS

"La cassintegrazione non arrivava: tanti hanno preferito chiudere"

La durissima analisi di Simone Brunello, di Confcooperative

"La cassintegrazione non arrivava: tanti hanno preferito chiudere"

Simone Brunello, direttore di Confcooperative

"All’inizio abbiamo dovuto affrontare tempi di pagamenti, da parte dell’Inps, molto lunghi: anche tre mesi, perché i soldi della cassa integrazione arrivassero ai lavoratori o alle cooperative che erano riuscite ad anticipare l’ammortizzatore sociale, restando a loro volta esposte. Una situazione che, per chi era già in difficoltà, è stata una vera mazzata: tanto che qualcuno ha deciso persino di chiudere l’attività, prima di andarsi a schiantare".

Parole dure, quelle di Simone Brunello, direttore di Confcooperative. Che analizza lo stato di salute del settore, stremato dalla lunga crisi generata dall’emergenza Covid. "Ci sono tante cooperative in Polesine che sono in apnea, se non sotto la linea di annegamento", dice.

"Alcune cooperative - fa il punto - hanno deciso di esporsi di tasca propria pur di anticipare la cassa integrazione ai dipendenti: una propensione che abbiamo registrato a livello cooperativistico non soltanto a livello territoriale. Gesti di grande generosità, da parte delle nostre società, che dimostrano di avere sempre l’attenzione alta per le esigenze delle persone, anche a costo di andare in difficoltà".

Dall’altra parte, oltre ai ritardi dell’Inps, il settore ha dovuto fare i conti anche con la difficoltà di accedere alle misure economiche di sussidio: dal famoso prestito da 25mila euro alle opportunità di ristrutturazione del debito e fino ai fondi dedicati nello specifico alle Pmi. "Chiaro che dove le banche hanno potuto dare un po’ di ossigeno si è compensato in qualche modo, ma ci sono molti casi che questa opportunità non l’hanno avuta", nota Brunello. E tanti hanno dovuto chiudere.

Ora, finalmente, si registra qualche timido segnale di ripresa. Ma attenzione: "Soprattutto le aziende inserite nella filiera dell’export ora trattengono il fiato: con i nuovi lockdown in giro per il mondo il rischio è che si blocchino nuovamente le esportazioni e che cominci una nuova crisi del settore - dice - fin qui chi ha potuto ha fatto magazzino, ora se si dovessero bloccare le frontiere sarebbero problemi. E sarebbe drammatico, proprio ora che la luce in fondo al tunnel si iniziava a vedere. Resistiamo, e speriamo in politiche lungimiranti, e non solo a spot".

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