VOCE
CORONAVIRUS IN ITALIA
10.11.2020 - 17:38
“A questo punto inevitabili altre strette. Non capisco le sciocchezze di chi minimizza”
"Siamo come in guerra, sotto assedio. Lo si vuole capire?". L’infettivologo Massimo Galli striglia il Veneto e, riprendendo in parte le dichiarazioni rilasciate anche dal governatore Zaia, tuona contro le "piazze piene", e spiega, rivolgendosi ai cittadini che non evitano assembramenti: "Non capiscono che contro il virus siamo in guerra".
Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive alla università statale di Milano e direttore Malattie infettive dell’ospedale Sacco attacca: "Le piazze piene di questi giorni mostrano una pericolosa tendenza a trasgredire. Alcuni sembrano ostinarsi a non voler capire che siamo nel pieno di una guerra contro un nemico, il Covid, che non è disponibile alla trattativa. Per questo non c’è alcun dubbio che l’appello dell’ordine dei medici per un lockdown in tutta Italia sia condivisibile".
Galli, insieme a Giovanni Rezza, l’altro giorno ha aperto il Festival della salute globale che si sarebbe dovuto aprire a Padova e che, proprio a causa del Covid, si tiene in streaming. Il Veneto è stato collocato in area gialla. "Ma nell’ultimo weekend - si legge sul mattino di Padova - a Padova come in altre città abbiamo visto le piazze piene di gente". E sulla divisione dell’Italia in fasce dice: "Se pensa che nei ristoranti di Milano sono state organizzate ultime cene la sera prima del lockdown vuol dire che la gente non ha capito niente. La situazione non è grave, è gravissima. E le discussioni sui diversi colori stanno ormai diventando questioni di lana caprina, dato che al virus è stato permesso di sfondare".
E ancora: "Se a marzo c’era sconcerto ma comunque adesione e obbedienza alle regole, oggi assistiamo invece ad una pericolosa tendenza a trasgredire. Perché non è possibile che i cittadini, se i centri commerciali sono chiusi, si ammassino all’Ikea che invece può restare aperto a causa di norme poco chiare. Era inevitabile che la pandemia diventasse terreno di scontro politico. Ma oggi siamo alla frutta e non è più il momento di avere posizioni che possono indurre alla confusione".
Su chi minimizza la portata del virus, come il professor Palù Galli è chiaro: "L’estate scorsa abbiamo tutti ascoltato chi minimizzava la situazione e i video disponibili in rete resteranno lì a inchiodarli alle sciocchezze che hanno detto e alle loro responsabilità. Ma se questo ce lo si poteva anche aspettare da chi non ha dimestichezza con l’argomento, non riesco invece a capire come e perché il professor Palù, che la materia invece la conosce molto bene, affermi certe cose. Alla fine però è il cittadino a trovarsi spiazzato e senza certezze nel pieno di una pandemia che non ha precedenti nel mondo del ventunesimo secolo".
Sulla possibilità di lasciare ai sindaci il compito di chiudere determinate aree superaffollate: "In chiave di una forte collaborazione tra istituzioni le competenze locali avrebbero certamente portato ad un efficientamento dell’intero sistema. Invece abbiamo assistito al solito scaricabarile perché nessuno alla fine si è voluto prendere la responsabilità di scelte impopolari. Ripeto, siamo come in una guerra che deve essere gestita con poteri emergenziali. Bisogna però sapere fin da ora che dopo un eventuale lockdown nazionale non si potrà fare come l’estate passata. E questo non può essere oggetto di un tira e molla politico". E infine: "Quanto sta accadendo avrà un impatto culturale non trascurabile e modificherà in maniera sostanziale i nostri orizzonti. L’influenza di Hong Kong del 1968 aveva avuto meno pagine di giornali del Maggio francese. Poi è arrivato il virus dell’Hiv che ha avuto un peso importante e cambiato anche i comportamenti. Ora è evidentemente tutto diverso e ci sentiamo tutti sotto assedio".
Galli ieri ha affermato: “Ormai è verosimile un altro lockdown esteso. Dopo toccherà riprendere e lo dovremmo poter fare senza ricadere nei problemi che abbiamo vissuto. Tra le ricadute possibili, che non riguardano la malattia da coronavirus, una che non ci possiamo permettere è il depotenziamento della ricerca, altrimenti pagheremo un prezzo altissimo”.
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