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CORONAVIRUS IN VENETO
01/12/2020 - 19:48
Veneto al limite della zona rossa. Almeno secondo i numeri: lo dice Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova e “guru” della gestione della fase 1 dell’epidemia nella nostra regione, a primavera.
Per Crisanti, infatti, il Veneto avrebbe dovuto subire restrizioni ben più pesanti. In base, soprattutto, all’incidenza dei tamponi positivi, in costante crescita negli ultimi venti giorni. Infatti, tre settimane fa il rapporto tra test eseguiti e positività era del 25,3%, due settimane fa era salito al 29,1% mentre secondo gli ultimi dati - citati da Crisanti - siamo alle soglie del 33%. Il tutto, mentre nel resto d’Italia il rapporto è crollato all’11%. “Per merito delle restrizioni”, sottolinea Crisanti. In Veneto, invece “il picco non è ancora stato raggiunto, e questo è l’effetto della zona gialla”.
“Ma io l’avevo abbondantemente detto settimane fa - le parole di Crisanti - siccome in Veneto abbiamo una maggiore disponibilità di letti d’ospedale in terapia intensiva e in area medica, abbiamo consentito al virus di trasmettersi. I dati in controtendenza con il resto d’Italia, con l’aumento dei casi, ma anche dei decessi, è semplicemente la conseguenza più ovvia del non aver istituto la zona rossa. Ed è poi quello che succede quando le decisioni vengono prese da ‘apprendisti stregoni’ invece che da gente che ragiona”, attacca.
Prima di prevedere: “Nella nostra regione la curva è destinata a salire ancora, fino a quando non si deciderà di adottare delle restrizioni serie. E’ evidente che in Veneto non sia sufficiente la zona gialla e ci sarà un punto oltre il quale sarà necessariamente istituita quella arancione, per bloccare i contagi e i decessi”.
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