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IL CASO

Vaccini: “Noi dentisti dimenticati”

La polemica: “Ma durante la fase acuta dell’emergenza abbiamo messo i nostri Dpi a disposizione”

Vaccini: “Noi dentisti dimenticati”

“Noi dentisti siamo amareggiati. Come categoria professionale siamo stati dimenticati dallo Stato e dalla Regione: ci hanno messi al quindicesimo posto nell’elenco delle priorità di vaccinazione, dopo veterinari, farmacisti e mediatori culturali. Noi invece pensiamo di essere una categoria a rischio, dal momento che lavoriamo su pazienti senza mascherina e a distanza ravvicinata. Chiediamo che i dentisti vengano inseriti nella lista per le vaccinazioni con priorità, in modo da aumentare la sicurezza nostra, dei collaboratori e dei pazienti”. Bruno Noce, presidente del consiglio direttivo dell’ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della provincia di Rovigo, esprime il suo dissenso in merito all’esclusione della sua categoria dalla lista di vaccinazioni con priorità.

Una polemica sorta a livello regionale dopo che l’ordine dei medici ha segnalato come, in Veneto, il 14% del personale delle Ulss già vaccinato non ha ruoli sanitari. “Non ci siamo mai lamentati perché siamo abituati a lavorare sul paziente che può essere a rischio biologico - continua Noce nel suo sfogo - naturalmente non esiste solo il coronavirus ma altre patologie virali, tipo epatite B e C, Aids e salmonella, per cui noi abbiamo sempre lavorato salvaguardando la salute nostra e dei pazienti. La nostra categoria da sempre è stata abituata a lavorare indossando i dispositivi di protezione individuale idonei, questo ha contributo sicuramente a ridurre il numero di contagiati tra i dentisti. Quando è scoppiata l’epidemia noi già avevamo i Dpi per proteggerci dalle altre patologie. Una volta scoperto il coronavirus abbiamo ulteriormente aggiunto dispositivi ulteriori come la visiera, il camice monouso mentre mascherine e guanti che già utilizzavamo al contrario per esempio dei medici di base che non utilizzavano sempre questi Dpi in passato. Questo è il motivo per cui sono morti più medici, andavano allo sbaraglio senza dispositivi di protezione, perché nessuno era in grado di fornirglieli. Per cui andavano senza mascherine o guanti a curare i pazienti contagiati, registrando grosse perdite. Noi come categoria abbiamo cercato anche di aiutarli, dando fondo alle nostre scorte di Dpi che tenevamo nei magazzini per cercare di donarle ai medici di base che non li avevano, mentre noi ne eravamo ben forniti perché li usiamo da sempre. In quel periodo l’approvvigionamento era difficile per tutti. Questo potrebbe anche essere il motivo per cui lo Stato ci ha un po’ messo in fondo, perché sa che noi essendo abituati da sempre a portare questi dispositivi ci ammaliamo di meno”.

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