VOCE
Estrazioni
22.05.2021 - 21:05
“Quelle trivelle erano già lì”. La replica del ministro per la Transizione Energetica, Roberto Cingolani, sulle autorizzazioni alle trivellazioni in Alto Adriatico, che nell’area a largo del Delta del Po sono rappresentate dalla piattaforma “Teodorico”, è chiara. “C’erano delle autorizzazioni, delle valutazioni di impatto ambientale per riprendere le operazioni di trivelle già presenti in quella zona, che erano state completate molto tempo fa - ha spiegato il ministro durante la trasmissione Progress, su Sky Tg24 - le ho trovate, erano state completate, non posso fare una operazione scorretta, se l’atto amministrativo è finito sono obbligato a mandarlo avanti, altrimenti ometto atti d’ufficio. Non c’è nessuna trivella nuova, c’erano già e non le ho autorizzate io”.
“Queste cose - ha proseguito Cingolani - non vanno affrontate in maniera ideologica: esiste un piano, il Pitesai, che deve stabilire dove queste cose si possono fare e dove no, anche di non poterle fare del tutto. Però serve un piano, che è una cosa molto complessa. Doveva essere fatto nel 2018. Io sono arrivato nel 2021 e la prima cosa che mi sono trovato ad affrontare è stata la questione trivelle. Ho scoperto che c’era una moratoria che chiudeva tutte le stazioni in attesa del Pitesai, ma il Pitesai non era stato fatto”.
“Sono passati tre anni e il piano ancora non c’è, l’unica soluzione non può essere fermare tutto - riprende il ministro - io penso che si debba decarbonizzare, ma la soluzione non è non fare il piano e bloccare tutto in attesa di non si sa cosa. Ho preteso che il nostro ministero facesse uno sforzo enorme per fare il Pitesai entro il 30 settembre. Quando il piano sarà presentato a quel punto non ci saranno più chiacchiere, si fa quello che dice il piano. Nel frattempo io non ho accettato nessuna richiesta di nuova installazione, ma avevo il dovere di mandare avanti le autorizzazioni approvate che giacevano nei cassetti. C’è una programmazione, qualcuno non l’ha fatta quando doveva, ma non è colpa mia”.
Infine una considerazione sulla situazione energetica del Paese. “Se tutto quello che va ad elettricità per il 72% deve essere da fonti rinnovabili, l’altro al momento è garantito dal gas - la riflessione di Cingolani -se nel frattempo si troveranno altre soluzioni, bene, ma altrimenti non so cosa ci possa essere altro se non il gas per garantire quel 28% di differenza per l’approvvigionamento energetico dell’Italia”. “Se la domanda è ‘aprirò nuove stazioni?’ rispondo: prima facciamo il piano, poi la decisione dipenderà dai numeri - conclude il ministro - perché se ipotizziamo i 310 terawatt/ora che sono stati necessari al Paese in un anno contraddistinto dal lockdown e quindi da un minore consumo energetico, e che quest’anno potremmo crescere di un 10% circa di consumo, vediamo quanto copriranno le energie da fonte rinnovabile, quello che mancherà di differenza dovremo utilizzare il gas”.
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