VOCE
PELLEGRINAGGIO
21.06.2021 - 19:11
Parlano alcuni dei 26 adriesi che hanno rinnovato la tradizione della “Camminata del Santo” partendo alle 17 da piazza Garibaldi per partecipare alle 6 del giorno successivo alla prima messa nella basilica patavina. Un’esperienza vissuta individualmente e collettivamente, tra momenti di riflessione personale e altri chiacchierando insieme ai compagni.
“E’ stata un’esperienza incredibile, al limite delle forze, ma incredibile” ammette Elena Bonazzi. “L’allenamento non toglie nulla all’emozione dell’esperienza. Anzi, aumenta la complicità del gruppo. Inoltre mi sono sentita privilegiata perché l’assistenza tecnica era affidata a Matteo, mio marito, che ci ha seguiti per tutta la notte, quindi ad ogni tappa, oltre al supporto materiale, avevo anche i suoi abbracci”. Floriano Finotello afferma: “Ho sentito il pellegrinaggio come una parodia della vita, una partenza come nascita e un arrivo come il completamento della vita. Tante difficoltà, ma con un attento ascolto del corpo e l’aiuto del Santo siamo arrivati”. Da parte sua Pietro Spinello sottolinea l’aspetto socializzante: “Fantastico gruppone, coeso, che si è aiutato nei momenti di difficoltà: l’unione fa la forza”. Aggiunge Enzo Barbujani: “Il ritorno è stata un’esperienza altrettanto entusiasmante: adeguare la velocità a chi temporaneamente era affaticato ha confermato in me la forza della condivisione, non era importante arrivare, ma era importante arrivare tutti insieme”.
Un’esperienza unica che ha profondamente toccato Chiara Huber. “Spesso non serve andare troppo lontano per vivere momenti indimenticabili. Bisognerebbe tentarla almeno una volta, per arricchirsi e riscoprirsi passo dopo passo”. Per Sergio Pescara è stato un ritorno: “Sono riuscito a rifare questa esperienza dopo tre anni e devo dire, con soddisfazione, che si portano a casa buoni risultati ogni volta che ci si cimenta in questa uscita”. Graziano Cagnin sostiene: “L’esperienza del pellegrinaggio è qualcosa di 'normalmente eccezionale' che non si racconta, ma deve essere intimamente vissuta perché le motivazioni che ci spingono ad affrontare il sacrificio di 13 ore e quasi 60 chilometri di cammino per raggiungere la meta, sono da ricercare nel profondo dell’anima di ognuno. La fatica e la sofferenza esaltano le nostre migliori qualità e tutti siamo sempre più disposti ad aiutare il compagno in difficoltà”.
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