VOCE
coronavirus
04.07.2021 - 16:42
Con la variante Delta (o indiana che dir di voglia) destinata a diventare entro l’estate quella preminente (un po’ come nello scorso gennaio era accaduto con la variante inglese che aveva preso il posto del virus di Wuhan) diventano fondamentali le vaccinazioni e le operazioni di testing.
Secondo i dati rilevati da Gimbe, da 15 settimane consecutive si registra una discesa dei nuovi casi di Covid. Ma si continua a rilevare anche una progressiva e preoccupante diminuzione dell'attività di testing (vale a dire del numero dei tamponi effettuati) che dall’inizio di maggio ad oggi è calata quasi del 60%.
Con i vaccini, il caldo e la tensione che è calata, è dunque crollato anche il numero dei tamponi che viene effettuato. “Questo - spiega l’associazione legata all’Università di Bologna che dall’inizio della pandemia ad oggi ha presentato articolati report tutte le settimane - porta a “sottostimare il numero dei nuovi casi e testimonia come il tracciamento dei contatti resti insufficiente”.
In Veneto, ad esempio, i dati sono più che buoni. Si registra una diminuzione dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, e gli ospedali sono quasi Covid free, con i ricoveri in netto calo e il numero dei decessi ridotto a poche unità. Ma le buone notizie si fermano qui. Nonostante sia la Regione con uno dei tassi di vaccinazione più alto, solo il 31% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale con le due dosi di siero. E se si aggiunge chi ha ricevuto una sola dose si sale poco sopra il 55%. Ancora pochi, soprattutto di fronte al fatto conclamato che solo chi ha ricevuto le due dosi di vaccino può dirsi relativamente tranquillo contro la variante Delta. E il 31% è una soglia lontana da quell’immunità di gregge che viene perseguita come obiettivo finale.
E se fino agli over 70 la risposta all’appello del mondo sanitario è stata positiva, balza agli occhi come la percentuale di popolazione over 60 che non ha ricevuto nessuna dose di vaccino sia pari all’11,1% (la media italiana è anche peggiore: 13,3%). Significa che c’è uno zoccolo duro di “no vax” anche nelle categorie più a rischio. E questo deve far riflettere.
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