VOCE
AMBIENTE
27.08.2021 - 08:38
Anguille a rischio estinzione. E, tra Polesine e ferrarese, parte un progetto per salvarle. Sembra impossibile, ma ci sono anche le anguille, infatti, tra le specie definite in “pericolo critico” di estinzione, e la loro drastica diminuzione negli ultimi trent’anni ha fatto sì che l’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) le abbia inserite nella cosiddetta lista rossa insieme ad altre 41 dalla “popolazione in declino”. L’anguilla da sempre caratterizza la pesca del Polesine, proprio perché trova nel Delta del Po il suo habitat ideale ed è per questo classificata tra i prodotti agroalimentari tradizionali. Tra le zone della nostra provincia, quelle maggiormente interessate sono sicuramente le valli del delta del Po e i comuni di Ariano nel Polesine, Porto Tolle, Porto Viro e Rosolina.
Purtroppo, alcune recenti stime ufficiali hanno evidenziato come dal periodo antecedente agli anni ’80 ad oggi, la popolazione di anguille europee sia diminuita del 99%. “Le produzioni - ha scritto l’Iunc - che negli anni Settanta ammontavano a circa 1.500 tonnellate, si sono ridotte a 500 negli anni Novanta, fino a poco più di 200 negli ultimi cinque anni”. Per questo è stato necessario pensare ad un progetto per salvarle grazie anche ad un piano di tutela e riproduzione e a questo proposito assume maggior rilevanza il progetto di ricerca e di conservazione finanziato dalla comunità europea finalizzato proprio alla salvaguardia delle specie a rischio e avviato nel 2020. il suo nome è “Lifeel” ed è stato pensato e strutturato principalmente per il bacino del Po e per Pianura Padana, ma l’intenzione è comunque quello di renderlo replicabile su tutta l’area europea interessata dalla presenza delle anguille, grazie a un partenariato che vede coinvolte la Regione Lombardia, la Regione Emilia-Romagna, il parco lombardo della Valle del Ticino, il parco regionale veneto e l’ente parco Delta del Po, oltre alle università di Bologna e Ferrara.
Cinque milioni e mezzo di euro fino al 2024 è la cifra messa a disposizione e le azioni messe in campo hanno l’obiettivo di indicare misure adatte alla salvaguardia della specie e che sappiano integrarsi con i piani regionali. “Quattro le linee di intervento specifiche di questo progetto - si legge nella presentazione del progetto - la prima riguarda l’impatto della pesca e dell’acquacoltura, in modo da individuare un programma di riproduzione e di allevamento delle anguille in cattività, per poi rilasciare in natura esemplari giovani per aumentare il numero di potenziali anguille mature per la riproduzione. La seconda mira a ripristinare la frammentazione dell’habitat, riattivando alcuni passaggi e connessioni fluviali utili alla loro crescita. Per comprendere l’importanza di tale presupposto va ribadita la complessa biologia della specie, che dopo aver trascorso circa 15 anni accrescendosi nei fiumi, fa ritorno al mare intraprendendo una migrazione di circa seimila chilometri sino al natio mar dei Sargassi dove si riproduce e muore. La terza linea di intervento, poi, vuole limitare la mortalità dovuta all’ingresso delle anguille nelle turbine, per chiudere con la quarta che riguarda un argine alla mancanza di dovute informazioni. I principali interlocutori sono studenti, pescatori, gestori e tanti altri possibili interessati”.
Commenti all'articolo
vicpaolo
28 Agosto 2021 - 09:48
La crisi della pesca ed in particolare il settore delle anguille, pare sia stata evidenziata dopo gli spostamenti dei confini matirrimi francesi, Il governo Macron si sta caratterizzando proprio per la nuova acquisizione di tratti di mare e di montagna a danno dell'Italia, Ovviamente nessuno parla e i francesi sono sempre pronti a rilasciare attestati e legion d'onore e non solo quelli... a politici italiani. Infatti continuando ad acquisire tratti di mare catturando gran parte delle anguille che transitano per recarsi nel Mar dei Sargassi si è arrivati alla situazione attuale. Forse anche questa potrebbe essere una delle cause.
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