VOCE
Il voto per il presidente
15.01.2022 - 15:24
Gabriele Frigato, ex parlamentare
L’esponente del Pd: “Ciampi al primo scrutinio, ma allora i leader di partito erano davvero tali”
E’ stato parlamentare dal 1996 al 2008 Gabriele Frigato, attuale esponente del Pd e prima di Dc, Ppi e Margherita ha partecipato, da deputato, all’elezione di due presidenti della Repubblica. Carlo Azeglio Ciampi nel 1999 e Giorgio Napolitano nel 2006.
Frigato, partiamo dal 1999 e Ciampi eletto al primo scrutinio.
“Ci fu subito l’accordo fra i partiti, quasi tutti tranne la Lega. Ricordo che al raggiungimento del numero di voti necessario l’emiciclo esplose in un applauso corale, con lo spoglio delle schede ancora in corso”.
Come si arrivò a quell’accordo?
“Ci fu un grande lavoro di Veltroni, leader dei Ds, fu lui a prendere l’iniziativa per cercare la condivisione generale, e per prima cosa andò a parlare con Fini, leader di An, il segretario del partito forse più distante da lui. Raggiunta l’intesa con An quella con Fi, centristi e, ovviamente, con la Margherita fu tutta in discesa”.
Quindi Ciampi senza esitazioni?
Sì, forse ci fu qualche franco tiratore, ma l’accordo era talmente ampio... Io votai convintamente, Ciampi era stimato e ben considerato da tutti, sia per la sua carriera in economia che in politica. Era stato ministro del governo Prodi, ma nessuno lo considerava troppo orientato politicamente. La sua scelta fu indovinatissima”.
E per Napolitano?
“Il discorso è diverso. Prima di tutto la sua elezione arrivò al quarto scrutinio, quando bastava la maggioranza semplice. Nei primi tre si scelse la strada della scheda bianca. Il centrodestra infatti era contrario. Devo ammettere che io votai senza quell’afflato che ebbi per Ciampi”.
Il motivo?
“Napolitano veniva dal Pci, io invece da Ppi e Dc. Per anni eravamo stati su posizioni opposte. Però votai, non solo per disciplina di partito, ma anche perché feci mia la posizione dei vertici della Margherita, da Bianco a Marini, che consideravano il voto per Napolitano la fine della stagione dell’esclusione. Napolitano, in parole semplicistiche, era visto come un comunista ‘meno comunista” di altri, con un profilo istituzionale, era stato Presidente della Camera, ministro dell’Interno. Ricordo che allora non ero del tutto convinto di quella scelta, col senno di poi, invece devo riconoscere che fu una scelta giusta. E sono soddisfatto di averla fatta. Napolitano è stato un buon Presidente, ha difeso la Costituzione ed è stato un punto di riferimento per il Paese, lo si è visto anche quando ha accettato il mandato bis. Ma allora i vecchi steccati fra post Dc e post Pci non erano ancora del tutto superati. Quell’elezione aiutò a chiudere quella fase storica ed andare avanti”.
Come sono cambiate le trattative per la scelta del candidato al Colle in questi anni?
“Quando io ero in Parlamento c’erano leader di partito riconosciuti da tutti dal punto di vista dell’autorevolezza, sia all’interno dei gruppi che negli altri partiti. Ricordo che nelle assemblee i leader ascoltavano tutti e poi facevano sintesi. E quando una decisione era presa da Veltroni, D’Alema, Marini, Fini, Berlusconi, Bossi, Casini, aveva già una sua autorevolezza consolidata. Ora invece gli stessi partiti faticano ad avere consenso e credibilità, soprattutto nei confronti dell’opinione pubblica”.
Ancora pochi giorni e finirà il settennato di Mattarella
“E’ stato un ottimo presidente. Io lo ricordo quando era ministro e poi capogruppo dei democratici e popolari, alla Camera il mio seggio era proprio vicino al suo. Sempre degno di stima e con posizioni ascoltate da tutti”.
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