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CARO BOLLETTE

"C'è chi lavora di notte per pagare meno l'elettricità"

Fabio Osti, coordinatore della Uil di Rovigo: "Stiamo pagando il prezzo dei troppi 'No' detti"

"C'è chi lavora di notte per pagare meno l'elettricità"

In attesa dei promessi nuovi interventi del governo, il caro bollette continua ormai da un mese a pesare sulle tasche degli italiani. Famiglie e imprese si sono trovate ad affrontare costi dell’energia che, nel migliore dei casi, sono raddoppiati. Una stangata sulla ripresa che stava finalmente cominciando ad ingranare dopo due anni di pandemia. E l’aumento dei costi dell’energia, unito alla carenza delle materie prime e agli strascichi di lunghi mesi di grossi costi e pochi ricavi dell’era Covid, rischiano di incidere negativamente anche sull’occupazione, che già aveva pagato a sufficienza negli ultimi due anni.

“Il governo non può continuare all’infinito ad elargire aiuti creando debito, serve un profonda riflessione sulla possibilità di produrre energia in casa”, lo spiega Fabio Osti, coordinatore della Uil di Rovigo.

Osti, in che modo il caro bollette sta incidendo sul mondo del lavoro in Polesine?

“Sta incidendo sul mondo del lavoro, sulle famiglie, sui pensionati. Il caro bollette si sta mangiando l’adeguamento alle pensioni da poco ottenuto, e si è mangiato l’adeguamento e i contratti appena rinnovati. Lo stiamo vedendo in questi giorni. L’aumento dell’energia si è mangiato tutti i risultati appena ottenuti e il potere d’acquisto dei lavoratori è letteralmente crollato”.

Ci sono settori che hanno sofferto di più?

“Ne stanno soffrendo tutte le unità produttive, le fabbriche. Eravamo un po’ soddisfatti per l’avvio della ripresa, avevamo ottenuto se non altro un attimo di respiro, e invece è arrivata la botta delle bollette. Fortunatamente al momento non riceviamo segnali di chiusura, ma è evidente che se continuano ad arrivare bollette quadruplicate qualcosa succederà. Devi prendere una decisione, o aumenti i costi del prodotto sul mercato o riduci la produzione. Alcune realtà hanno cominciato a lavorare di notte o alla domenica”.

Ma cos’è successo? Come siamo arrivati a questo punto?

“Abbiamo perso vent’anni a non pensare di renderci, non dico totalmente autonomi, ma almeno un po’ in grado di provvedere almeno in parte a produrre l’energia di cui abbiamo bisogno. Siamo troppo legati a chi ci fornisce energia. Da questo punto di vista siamo fortemente arretrati. Siamo il Paese dei no. No al nucleare perché è pericoloso, no al carbone perché inquina, no alle pale eoliche perché disturbano la migrazione degli uccelli, no al fotovoltaico perché rovina i campi. Ok, va bene, ma chi dice sempre di no potrebbe proporre delle soluzioni. Serve una profonda riflessione della politica. Perché poi ci troviamo la Germania che continua con il carbone la Francia progetta centrali nucleari al confine studiando le correnti. Sono contraddizioni che non ci fanno stare tranquilli. Serve una riflessione per cercare di trovare-produrre energia in Italia”.

Cosa vi aspettate dalle istituzioni?

“Gli aiuti che arrivano dal Governo non sono un pozzo infinito, se sono a debito è un accumulo che prima o poi dovremo pagare noi e i nostri figli e nipoti, non si può ogni settimana mettere soldi a debito. Anche questa volta i ritardi notevoli della politica si stanno danneggiando. Ripeto, serve una prospettiva a lungo termine”.

Prospettive per il futuro?

“Nel breve periodo bisogna tornare ad estrarre gas, noi abbiamo già dato più che a sufficienza, ma questo può avvenire in altre parti d’Italia. Serve gas di nostra produzione dopo una attenta, questo è ovvio, valutazione di compatibilità ambientale. E poi parliamo di fotovoltaico. Anche i questo campo ci sono strumenti e mezzi per diventare autonomi ci sono tante attività, anche in Italia, che già ci hanno fatto vedere come questo si possa fare. Prendiamo esempio”.

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