VOCE
PORTO TOLLE
27.03.2022 - 08:08
PORTO TOLLE - Commozione e lacrime, ieri mattina, a Donzella, ai funerali di Ernesto Bovolenta. Una colonna interminabile di auto sulla strada arginale, grande folla, tanta gente a dare l’estremo saluto a uno dei personaggi più amati del Delta che si è spento l’altro giorno a 86 anni. La chiesa della Beata Vergine del Carmine era piena. C’erano tutti. La moglie Lisetta, i figli Paola, Patrizia, Andrea, Stefania, i fratelli, le nuore i nipoti e i pronipoti.
Tanti parenti, tanti amici e conoscenti, autorità comunali, ex compagni di lavoro si sono stretti intorno alla grande famiglia di questo uomo sensibile, un signore d’altri tempi. Hanno ricordato la sua bontà e disponibilità nei 40 anni del lavoro nell’ufficio tecnico del Comune. Ernesto Bovolenta è sempre stato gentile e generoso con tutti. Uomo di grande virtù e rigore morale, come suo padre Domenico, il partigiano “Pici”. Ernesto era cresciuto in una famiglia di lavoratori della terra. Papà Domenico, mamma Emma e i fratelli Elena, Giuliano e Sara sono stati educati al rispetto della famiglia e dell’impegno nella piccola proprietà contadina. Dal padre “Pici”, uno dei capi della Resistenza del Delta del Po, un combattente, uomo onesto e rigoroso, Ernesto ha appreso questi sani principi e li ha subito trasmessi ai suoi bellissimi figli. La nipote Anna, durante la messa celebrata da don Matteo, lo ha ricordato così: “Ernesto ha avuto una vita piena e felice, ma non si arriva mai preparati a salutarsi. Il nostro dolore di oggi è quello di chi sa di aver perso per sempre una persona straordinaria. Ci saranno sempre i suoi racconti a farci compagnia e tenerci uniti: quelli della seconda guerra mondiale vista con gli occhi di un bambino e del suo cagnolone John, l’infanzia e l’adolescenza in una grande famiglia che ha saputo trasmettergli i valori dell’accoglienza e della dignità di chi ha poco ma sa donare molto”.
“E poi l’incontro con Lisa - ha continuato - e l’inizio di un’amore così grande che a noi è sempre sembrato difficile trovarne altri uguali. Fatto di tanti sacrifici, ma anche di dialogo, fiducia e rispetto. E passione. Quella che aveva Ernesto per la vita era sconfinata. Il lavoro all’ufficio tecnico del comune, quando non c’erano i pc e l’alluvione aveva cancellato tutto e si doveva riscrivere a mano ogni documento per recuperare l’archivio. Una casa come un nido, la cui porta è sempre stata aperta a tutti: Paola, Patrizia, Andrea e Stefania da crescere in fretta, gustando ogni attimo e senza mai perdersi d’animo di fronte ad ogni tipo di difficoltà, per poi far largo a nuora e generi accolti come figli, e ancora ai 15 nipoti e pronipoti (conto sempre in salita) e a tutti i bambini che a casa Bovolenta si fermavano mentre i genitori erano al lavoro”.
“Lo chiamerebbero nido in famiglia oggi - dice Anna a nome di tutti - ma per noi era normale non sapere mai in quanti saremmo stati a pranzo o cena. Una vita ricca di amici, ‘chi fioi’ come li ha sempre chiamati lui… E poi la montagna e le vacanze a fare escursioni sulle cime più belle delle Dolomiti, i viaggi, la moto Morini, la collezione di francobolli, il ballo, la cantina dove ha sempre custodito le bottiglie di Barbera e i suoi più preziosi ricordi e dove noi potevamo entrare solo col suo permesso. E ancora le feste in famiglia. Che lui adorava e che concludeva sempre con un discorso commosso che ci faceva sorridere e strappare applausi. Da qualche settimana andava ripetendo che ne dovevamo organizzare una appena si fosse ripreso un po’”. “ La faremo quella festa - conclude commossa strappando lacrime e applausi - anche se nessuno saprà apparecchiare la tavola e preparare la grolla come sapeva fare lui. Sarà vuoto il suo posto, ma l’energia che ci ha trasmesso e che ha saputo coltivare con pazienza in ognuno di noi, quella rimarrà e cercheremo di farla splendere sempre. Sarà quella che ci farà sempre credere di essere una famiglia fortunata”.
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