VOCE
IL CASO
28.03.2022 - 19:09
“Ci ho ripensato eccome, in questi giorni, a quel viaggio. Fu un’ingenuità, non avevo capito a cosa andavo incontro: volevano farmi firmare un trattato di gemellaggio tra Rovigo e Yalta, rifiutai”.
Ezio Conchi, 65 anni, ex vicesindaco di Rovigo, dal 2017 è persona non gradita in Ucraina. Tutta colpa di un convegno celebrativo dell’annessione russa della Crimea a cui partecipò, in rappresentanza di palazzo Nodari, nell’aprile di cinque anni fa.
Conchi, lei è nella black list dell’Ucraina. Che cosa significa?
“Il governo di allora dichiarò nemici dell’Ucraina tutti quelli che parteciparono a quel convegno internazionale. Nessun effetto pratico, anche perché non sono mai stato in Ucraina, ma per che fu un segnale per un’organizzazione un po’ estremista…”
Ha ricevuto minacce?
“No, né me ne sono mai preoccupato. Penso che se ci fosse stato pericolo il ministero degli Esteri ci avrebbe informato. In fondo, c’erano molti politici italiani quella volta, non ero certo l’unico”.
Ma come c’è finito a Yalta?
“L’iniziativa partì dalla Regione Veneto: si trattava di un invito a un convegno sull’economia. Un viaggio di routine, ne avevo già fatti di simili in Grecia, quando ero assessore di Piva. Nel 2017 invece il sindaco era Bergamin, e la Lega era molto favorevole ai rapporti con la Russia. Partii: con me, oltre ad alcuni leghisti veneti, c’era anche il senatore di Fi Bartolomeo Amidei: pochi mesi prima in Crimea c’era stato anche Berlusconi, che aveva incontrato Putin. Insomma, in quel momento sembrava tutto normale”.
Invece?
“Invece appena arrivai lì mi resi conto che qualcosa non andava. I giornalisti locali, anziché di economia, mi chiedevano cosa ne pensassi della Nato, della Ue, delle Nazioni unite. Temi che non mi riguardavano come amministratore locale, e ricordo che restai vago. Sull’annessione, poi, dissi che le tensioni andavano risolte pacificamente, sedendosi attorno a un tavolo. Poi arrivò quel documento…”.
Quale documento?
“Di colpo tirarono fuori un accordo di gemellaggio già bell’e pronto. Avevano fatto tutto a mia insaputa. Io dissi che non potevo impegnare la città di Rovigo senza un mandato del consiglio comunale, e non firmai. Il sindaco di Yalta fu molto contrariato”.
E come andò a finire?
“Optammo per una dichiarazione di intenti. Prepararono un nuovo documento secondo cui mi sarei dovuto impegnare a portare a termine il gemellaggio. Chiesi che la dichiarazione fosse ancora più generica, e solo allora firmai. Poi consegnai tutto a Bergamin, e credo che sia ancora in qualche cassetto. Anche perché poco dopo mi venne tolto l’incarico da vicesindaco, ma questa è un’altra storia”.
Non ha più avuto contatti con la Crimea?
“Non ci sono più andato, ma ho mantenuto rapporti con due persone che avevo conosciuti: l’allora direttore della Camera di Commercio di Yalta, che venne anche più volte in Italia, e un interprete che ci seguì. Era di Mosca: gli ho scritto anche di recente, per sapere come stava. Di certo non gli chiedo della guerra, anche per non metterlo in difficoltà”.
Si è pentito di quel viaggio?
“Mi pento di non essermi preparato adeguatamente, di essere andato senza sapere cosa mi aspettasse. Sono stato superficiale: pensavo di essere solo un ospite, invece provarono ad attribuirmi un ruolo. Ma ora è facile dirlo: adesso il mondo è cambiato”.
Che ne pensa dell’invasione russa dell’Ucraina?
“Sono un uomo di pace: credo fermamente che le questioni non si risolvano con la violenza né tantomeno occupando un altro Stato. Queste cose non devono esistere. Spero si trovi una soluzione pacifica, anche se ci vorrà tempo per rimarginare le ferite”.
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