VOCE
L'ALLARME
23.05.2022 - 18:37
Se noi esseri umani ci siamo dovuti abituare alla convivenza con il coronavirus, che grazie ai vaccini è diventato decisamente meno letale, ora a tremare sono gli animali. In particolare i suini. Anche perché, per il virus che li sta colpendo oggi, non esistono vaccini.
E, di conseguenza, comincia a tremare il mondo degli allevatori e della filiera alimentare che li accompagna nel nostro Paese. Perché, sebbene non vi sia alcun problema di trasmissione all’essere umano, il virus in questione è letale per i suini. Non lascia scampo. Parliamo della peste suina africana, anche detta Psa. Quella che qualche virologo ha già definito “la cronaca di una epidemia annunciata”, sta arrivando in Italia, dopo aver colpito negli ultimi anni in Europa centrale, nelle repubbliche baltiche, in Polonia in Russia e in Cina. Ecco la posizione del direttore di Coldiretti Rovigo, Silvio Parizzi.
Cos'è la peste suina e perché fa paura?
“La peste suina africana, o Psa, è una malattia contagiosa per la specie dei suini, colpisce i maiali e i cinghiali. Dal punto di vista sanitario, non può colpire l’uomo ma è pericolosissima per i suini. Abbiamo una normativa molto rigida: se dovesse essere individuato un focolaio, l’Ulss dovrebbe delimitare i confini e ordinare l'abbattimento di tutti i suini degli allevamenti della zona individuata. Una vera catastrofe per gli allevatori e la filiera”.
Questo cosa comporta?
“Il danno più importante non è il valore dell’animale, ma ci rimette proprio l'intera filiera. Faccio un esempio: il salame tradizionale va fatto con i suino pesante padano, dunque se dovessero essere abbattuti, alcune produzioni tradizionali non esisterebbero più. Farebbero fatica ad esserci. Inoltre si distruggerebbe tutto il patrimonio genetico di questi animali, costruito in 20 anni”.
Si tratta anche di un problema di esportazioni?
“Certo. Oggi sono stati colpiti solo Piemonte, Liguria e Lazio, ma se arrivasse in Lombardia e Emilia diventerebbe devastante sulla trasformazione e produzione del settore. Parliamo di un settore che fattura 20 miliardi all’anno a livello nazionale e ci sono già dei Paesi stranieri che hanno detto che, con l’arrivo di questo problema nel nostro Pese, non compreranno più. E' una criticità che mette in forte discussione la norcineria nazionale, che è un settore di punta dell'alimentare made in Italy”.
Come si trasmette la peste suina?
“Dobbiamo premettere ancora che non c’é alcun rischio per gli esseri umani, questo virus non si trasmette dall’animale all'uomo neppure per via alimentare. Ma per i maiali il vettore sono i cinghiali. Ecco perché non riusciamo ad isolare il problema. Finché ci sono questi animali liberi di girare non possiamo arginare il danno”.
Anche il Polesine è a rischio?
“In Polesine abbiamo qualche presenza di cinghiali ma per fortuna è estemporanea. Sono colonie che scendono dai Colli Euganei dove c’è una presenza smisurata. Ogni tanto si vedono a Villadose. Comunque se dovesse trasformarsi in una epidemia diffusa, in Polesine contiamo un centinaio di aziende che hanno almeno una quindicina di maiali”.
Come intervenire per scongiurare l'epidemia che invece ha già colpito altri Paesi?
“Abbiamo un problema sicuramente di normativa: la legge che regolamenta la gestione degli animali selvatici è del ‘92. E’ evidente che non è più adatta, soprattutto oggi che vi é un proliferare smisurato di cinghiali. Bisogna intervenire subito per azzerare il rischio di contagio del settore dell'allevamento dei suini, basta animali liberi di girovagare che contagiano gli allevamenti”.
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